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Editoriale

Tony Azevedo, capitan America a ruota libera: "La pallanuoto è ancora viva? Bisogna resettare tutto".

  Pubblicato il 26 Nov 2120  15:39
Non si chiamerà Steve Rogers ma per tutti noi sarà sempre Capitan America.
Sedici anni di carriera e cinque Olimpiadi (medaglia d'argento a Pechino 2008): Tony Azevedo è stato il più grande giocatore della storia della pallanuoto statunitense, senza dubbio. 
Nato in Brasile, a Rio de Janeiro, ha iniziato il suo percorso sportivo a livello universitario alla Stanford University per poi sbarcare, ventiquattrenne, in Italia e più precisamente alla Bissolati Cremona di Baldineti dove, nei due anni sucecssivi, contibuì alla clamorosa vittoria in Coppa Italia. Nei primi due anni in Serie A1 un bottino mica male con ben 106 reti segnate. Poi l'esperienza in Croazia tra Jug Primorac Kotor con la vittoria di diversi titoli nazionali ed un secondo posto alle Final Four di Champions League di Napoli alle spalle della Pro Recco.
Tony Azevedo da quando ha appeso la calottina al chiodo nel 2017, si è dedicato alla sua società che si occupa della promozione dello sport e della pallanuoto attraverso eventi dedicati come tornei, clinic, challenge e camp.

Con lui abbiamo parlato dell'attuale momento che sta vivendo la pallanuoto internazionale, in conseguenza anche alla recente emergenza sanitaria.
 
Come si è adattato lo sport statunitense alla pandemia?
"A dire la verità non si è adattato benissimo, negli Stati Uniti. La maggior parte delle piscine fruibili sono pubbliche e sono gestite dalle scuole; da quando le scuole sono chiuse la pallanuoto si è praticamente fermata. Sfortunatamente sempre più bambini stanno abbandonando lo sport e sarà dura ritrovare la forma persa in questi mesi al rientro in vasca. Qualcuno è riuscito a terminare la stagione come in PennsylvaniaUtah e Texas sono stati aperti per la maggior parte ma il cuore della pallanuoto negli Stati Uniti è in Sud California e qui ci siamo praticamente negli ultimi 8 mesi".

Questo stop come inciderà sui ragazzi del settore giovanile?
"Negli States inciderà tanto. Qui verso i 16/18 anni gli atleti iniziano a crescere e migliorare sotto l'aspetto tecnico per poi passare nelle università e continuare il loro percorso di crescita. Questi ragazzi negli ultimi due anni di liceo hanno perso la possibilità di disputare circa 80 partite nelle quali poter mostrare le proprie abilità tecnico, tattiche ed atletiche oltre al fatto di aver perso la possibilità di sviluppare il proprio gioco. Ho visto molti grandi giocatori perdere la fiducia e smettere di allenarsi o perdere la speranza di andare in una delle migliori università. Come lo stop avrà inciso nei nostri ragazzi lo sapremo nei prossimi 4 anni osservando il campionato universitario".

Che stagione si prospetta per la pallanuoto, in generale, tenendo conto del fatto che l'anno scorso molti campionati si sono fermati e quest'anno l'avvio di qualcuno, come in Grecia o in Germania, è stato rimandato?
"Sarà una stagione molto pericolosa nella quale potrebbero verificarsi tanti infortuni. Sono i numeri che parlano: se prendiamo in esame la NFL, ad esempio, appena rientrati a pieno regime il numero di giocatori infortunati si è incrementato tantissimo con numeri record. Stessa cosa credo che accadrà per l'NBA. Al momento ciò che mi sento di dire è che gli atleti possano ricevere dai propri coach le migliori metodologie di lavoro per sostenere allenamenti che li possano portare alla piena forma questa estate".

Molti grandi giocatori del passato concordano sul fatto che questo rappresenta, per organizzazione e strutturazione, il punto più basso della pallanuoto a livello internazionale. Sei d'accordo?
"Sono d'accordissimo. Estiarte dice che la pallanuoto non morirà mai ma io mi chiedo se è ancora viva...
Questa pandemia ci ha fatto capire l'importanza della gestione degli impianti sportivi ed in particolare delle piscine per il nostro sport. Gli effetti della pandemia sul movimento sportivo mondiale potremmo evidenziarli tra qualche anno. E' assurdo iniziare un campionato con squadre che si vedono continuamente annullate o rinviate le proprie partite il tutto per giustificare gli stipendi dei giocatori o rendere felice qualche presidente. Io dico che è ora che la pallanuoto cambi format investendo sulla tecnologia, sull'analisi, sui media e la comunicazione, fattori questi che rilancerebbero il nostro sport. Immaginate una Fantasy League della pallanuoto, oppure che possiate assistere ai migliori incontri su ESPN. Rilancio la mia provocazione: perchè non giocare alcune partite di Champions League in Africa, Australia, Asia, Sud America o Stati Uniti? E' qui che parte la vera promozione della pallanuoto; questi paesi hanno numeri tali da essere coinvolti per una globalizzazione della pallanuoto. Questo è il motivo per cui ho fondato "68 sports": abbiamo partnership in Australia, Stati Uniti, Sud Africa, Colombia, Brasile e continuiamo a crescere per aiutare queste aree a crescere".

A proposito di Asia. Credi che a Luglio si disputeranno le Olimpiadi?
"Sì, penso di si. Molti sport, adesso, si stanno svolgendo all'interno delle famose "bolle" e penso che se vi sarà una grande disponibilità per effettuare test di controllo i Giochi potranno svolgersi. Le persone sugli spalti? Potrebbe non verificarsi questo aspetto ma ci sono abbastanza investimento per consentire uno svolgimento sicuro delle Olimpiadi. E poi per me sarà la prima volta da commentatore tecnico per l'emittente NBC, il che renderà tutto più divertente".

Prima parlavamo di quali effeti lo stop potesse avere nei confronti dei giovani, e per gli atleti di alto livello in chiave olimpica?
"In realtà credo che questa potrebbe essere la più strana di tutte le Olimpiadi. In un certo senso ha livellato il valore tecnico di molte selezioni. Sono convinto che questo potrebbe essere il periodo migliore in assoluto per gli Stati Uniti, se trascorreranno i prossimi 7 mesi da soli ad allenarsi più duramente di chiunque altro: potremmo approfittarne. Così come penso che anche l'Australia abbia un vantaggio rispetto alle altre essendo stata aperta più a lungo oltre ad avere spiagge e mare per nuotare in caso di chiusura delle piscine e potrebbe essere la vera sorpresa dei giochi. Anche il Giappone è una squadra che può sorprendere. Penso che molte squadre non saranno al massimo della forma e tante nazionali potrebbero davvero approfittare di questo momento unico".

Hai guidato la nazionale a stelle e strisce per anni. Sarà la tua prima olimpiade da e atleta. Che squadra dovremmo aspettarci di vedere a Tokyo?
"Una squadra molto pericolosa per chiunque. Per ora non abbiamo dimostrato di essere una squadra consistente e fino a Tokyo non sapremo mai il nostro reale valore. Posso dire, però, che saremo sempre fisicamente alla pari con i migliori al mondo e difficili da battere ed in più abbiamo tre valori aggiunti chiamati Bowen, Hallock e Cupido: se questi tre atleti ingranano, saremo in grado di vincere con qualsiasi squadra. Per me questa è una grande opportunità per i ragazzi ed ora il compito maggiore sarà per i coach aiutare a costruire un gruppo vincente sotto l'aspetto mentale e che giochi senza pressioni. Se così sarà, la nazionale statunitense potrebbe regalarci qualcosa di inaspettato".

Quando questa maledetta pandemia finirà da dove si dovrà ripartire e cosa servirà per migliorare il prodotto waterpolo?
"Intanto avre la forza di resettare tutto perchè è necessario. Al di fuori dell'Europa dobbiamo tornare a lavorare sui fondamentali in modo che tutti apprendano i principi del nostro sport prima di volare verso club europei in cui giocare. Le federazioni devono unirsi ed aiutare a creare prospettive appetibili per i giovani a cui ambire (la Pro Recco, ad esempio, ha fatto un ottimo lavoro in questi anni e vedo che altre società ora si stanno adeguando). Dobbiamo far vedere i grandi campioni della pallanuoto ai giocatori statunitensi, ai giocatori australiani, e così via;  che senso ha concludere una Champions League in Europa e dire di aver fatto un buon lavoro organizzativo se 30.000 tifosi statunitensi non l'hanno guardata. C'è una intera nicchia di mercato a cui rivolgersi ma finora questo non è stato fatto. Da quando ho smesso di giocare mi sono dedicato ai giovani ed alla tecnologia. Penso che tra un paio d'anni potremo iniziare a parlare di un campionato professionistico negli Stati Uniti che sarà un grande passo per il nostro sport, a livello globale, con tutto ciò che ne conseguirà. Il problema nel nostro piccolo sport è che tutti vogliono mantenere il loro piccolo potere invece di rinunciarvi per un pò per il bene della pallanuoto".
 
Gianluca Leo