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Miceli:” Di Mario e Caruso sono stati determinanti. Dobbiamo sempre ambire alla miglior versione di noi stesse”

  Pubblicato il 10 Giu 2124  09:30

Quella archiviata con il tricolore conquistato lo scorso 23 Maggio è stata senza dubbio la stagione più sofferta dell’Ekipé Orizzonte negli ultimi anni. La scomparsa a febbraio di un punto di riferimento storico come Giuseppe La Delfa, le fatiche accumulate in una stagione infinita e dall’andamento particolare hanno segnato il cammino della formazione etnea che, ad un certo punto, sembrava essersi infilata in un buco nero dal quale sembrava impossibile uscire. La dura battaglia contro se stesse ed i propri limiti, il lavoro di uno staff tanto competente quanto appassionato hanno aiutato una squadra costruita per vincere a ritrovare se stessa e a chiudere l’annata con la meritata vittoria del campionato. Martina Miceli ripercorre il sofferto camminino che ha portato la squadra a chiudere la stagione con un successo e sottolinea come nello sport si è sempre artefici del proprio destino e bisogna sempre ambire a proporre la miglior versione di sé stessi. Nel ventennale dell’oro di Atene 2004 non può mancare l’incoraggiamento al Setterosa che sta lavorando in vista del torneo di Parigi.
 
Ad oltre due settimane di distanza quali emozioni provi quando ripensi alla decisiva gara 3 di finale scudetto?
Sembra già passato tanto tempo: noi siamo sempre stati così. Appena si raggiunge un obiettivo, si festeggia il giusto e già si pensa al prossimo.
 
Al termine dell’incontro è stata immediata la tua dedica a Giuseppe La Delfa. Quale ricordo conservi, con maggior affetto, di un grande amico, di un dirigente eccellente, di un appassionato di pallanuoto?
Proprio questo ci ha sempre insegnato Giuseppe: la sera stessa della vittoria scudetto si pensava alla stagione successiva. La vittoria più bella è sempre la prossima: Questo è il lascito del dirigente che porteremo sempre con noi. Invece il fratello lascia nella mia vita un vuoto incolmabile: c’è sempre stato in tutti i momenti importanti (belli e brutti) e ancora non riesco a metabolizzarne l’assenza e probabilmente non ci riuscirò. Ogni volta che mi succede qualcosa ancora mi viene spontanea la necessità di confrontarmi con lui.
Approfitto per sottolineare l’importanza del suo operato per la crescita del movimento femminile. Lui ha portato in Italia tutte le giocatrici più forti al mondo (da Brenda Villa a Rita Dravucz, da Cora Campbell a  Bridgette Gusterson solo x citarne alcune) e se in quegli anni noi abbiamo vinto tanto è stato anche perché potevamo confrontarci quotidianamente con le atlete più forti del mondo.
Sicuramente sarebbe stata la persona giusta per rilanciare la pallanuoto femminile italiana e negli ultimi 10 anni avrebbe potuto dare un contributo maggiore ma era un personaggio scomodo e non amato dalle istituzioni…mi fermo qui, ma…
 
Che cosa hai detto alla squadra dopo la sconfitta in gara 1?
Senza nulla togliere al valore delle avversarie (Padova, Roma e Rapallo hanno avuto una crescita esponenziale), sono stata sempre convinta che il nostro vero avversario quest’anno è stato sempre e solo “noi stesse”. Proprio per questo è stato più difficile: difficile escogitare contromosse e contromisure quando stai giocando contro te stesso.
 
Quale è stata la chiave che ha consentito alla squadra di ritrovarsi nel finale di una stagione decisamente complicata?
Sicuramente l’apporto di Tania nello spogliatoio è stato determinante dal punto di vista mentale, così come quello di Renato, dal punto di vista fisico e tecnico. Io, dal punto di vista tattico ho aggiunto veramente poco. La frustrazione di questa stagione è stata proprio questa: non poter aggiungere molto, sia per mancanza di tempo, ma soprattutto per mancanza di serenità e dunque di disponibilità all’apprendimento. Mi sono limitata a cercare di fare bene le cose che già sapevamo fare.  La chiave è stata solo cercare di ritrovare la serenità perduta, anche se spesso siamo dovute passare da conflitti laceranti.
 
Un’annata così ricca di difficoltà quanto aiuta la crescita umana e sportiva di ogni atleta?
Sono certa che concludere un anno del genere con una vittoria è qualcosa che ti cambia dentro. Spero che alle ragazze abbia lasciato la consapevolezza che nello sport, come nella vita, si è sempre artefici del proprio destino. La consapevolezza dell’inutilità di sprecare energie nel voler cambiare ciò che dipende da altro, o nel piangersi addosso. Di contro, utilizzare fino all’ultima goccia di sudore per fare al meglio tutto ciò che dipende da noi stessi.  Avere sempre l’ambizione di essere la versione migliore di sé stessi.
 
Ricorre quest’anno il ventennale dell’oro di Atene 2004. Quale incoraggiamento vuoi rivolgere alle giocatrici che hanno iniziato la preparazione per Parigi?
Il mio sogno di bambina non è mai stato di andare alle Olimpiadi, ma è sempre stato quello di vincere le Olimpiadi.
Non accontentarsi mai e migliorarsi ogni giorno: le Olimpiadi non si vincono il giorno della finale  ma si vincono un pezzettino al giorno durante ogni allenamento.

Credit: Maria Angela Cinardo-Mfsport.net
 

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