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Waterpolo People

Le prime quattro puntate

  Pubblicato il 02 Dic 2018  17:01
Carcere di Poggioreale, Padiglione Genova, cella 26.
Sulla parete di sinistra l'ingresso del bagno e un lungo armadietto smaltato azzurro.
Sul lato corto della stanza, 4 metri per due, l'unica finestra. Chiusa. Venuto al mondo da quattro minuti, il 30 settembre 2019 aveva portato con sè pioggia e vento.
Sulla parete di destra, accostato al muro, un letto a castello.
"Vuoi parlare oppure hai sonno?", chiese l'uomo di sotto.
"Sonno? E chi ce la fa a dormire! - esclamò l'uomo di sopra, giunto da poche ore. "Mi hanno dato sedici anni per un delitto che non ho commesso".
"Cazzo, e che hai fatto?".
"Ti ho già detto che non ho fatto nulla. Se mi credi, bene, altrimenti vai a farti fottere".
"Non te la prendere, ti credo. Io - proseguì l'uomo di sotto - devo farmi ancora un anno e mezzo per furto. Con scasso. Si è scassato il camion e ci hanno preso".
L'uomo di sopra rise. "Allora sei tu che hai fatto quella scritta sul muro".
"Quale scritta? Qui ce ne sono a centinaia".
Subito sotto la finestra stava scritto: "Cazzo, mi hanno preso".
L'uomo di sotto scese dal letto e cavalcò una delle due sedie del tavolino celeste che completava l'arredamento. "Non sono a mio agio se non vedo chi mi ascolta. E allora, com'è che ti hanno incastrato?".
"Lascia perdere, non ho voglia".
Ma ci ripensò.
Drizzandosi di botto e mettendosi seduto sul letto, l'uomo di sopra disse: "Mi ha spedito qui un figlio di puttana di commissario che chiamano "la iena".

 
***
 
55 anni, marchigiano di San Benedetto del Tronto, da quattro anni responsabile del commissariato di Fuorigrotta.
La iena, al secolo Arcangelo Noce: un metro e settanta di cattiveria pura e sagacia che ne facevano allo stesso tempo il poliziotto più stimato dai superiori e quello più odiato dai subalterni. Con una sola eccezione, il vice commissario Donatella Dell'Angelo. "Mi tratta male, è uno stronzo senza pari, ma non riesco a detestarlo, è più forte di me", diceva un giorno si e l'altro pure al marito Walter, titolare di un salone di bellezza il cui slogan affisso sulla vetrina "Da qui escono solo delle fate" avrebbe meritato una piccola, doverosa aggiunta: "Tranne mia moglie".
Soltanto un chirurgo plastico, ma di quelli bravi davvero, avrebbe potuto far qualcosa per conferire sembianze accettabili a Donatella Dell'Angelo. "E' il poliziotto donna più brutto che abbia visto in vita mia", aveva detto la iena ad Elio il giorno in cui la Dell'Angelo era diventata il suo vice.
Titolare dell'omonima trattoria di Fuorigrotta dove Arcangelo Noce consumava tutti i suoi pasti, Elio era il suo unico amico. E confessore. "Se Donatella Dell'Angelo è un cesso, non vedo il problema. Lei è gay, quindi cosa gliene frega?".
L'omosessualità non aveva mai creato problemi ad Arcangelo Noce. Se ne fotteva. Ma al commissariato sì. Non si contavano le volte che l'amministrazione aveva dovuto chiamare gli imbianchini per far rimuovere dalle porte dei cessi i messaggi di stima dei poliziotti del commissariato nei confronti di Noce. "Brutto frocio di merda, cosa aspetti a spararti un colpo in bocca?" era l'ultimo della serie, comparso mercoledì 25 aprile 2018, il giorno dell'omicidio di Carolina Mazzi.
 
***
 
Sabato 21 aprile 2018

"Se domani vincete il derby, ci sarà una bella sorpresa per voi". Angelo Brini, allenatore della squadra femminile dell'Aquatic Napoli. Marchigiano di Ancona, 37 anni, ex pallanuotista, alto, bruno, occhi azzurri, venerato dalle sue ragazze.
"Scommetto che si tratta di un ricco premio-partita, diciamo 100 euro a testa. Vero mister?". Anna Saputo, 32 anni, rossa, capelli ricci, difensore centrale e capitano della squadra.
"Ci hai preso in pieno! Fosse per me ve ne darei anche 200, ma..."
"...ma siamo una società di A2 e non possiamo permettercelo", intonarono le ragazze in coro mentre lasciavano il piano vasca per raggiungere gli spogliatoi. Tutte tranne una.
"E quale sarebbe la sorpresa? Che mi scopi davanti a tutte?". Carolina Mazzi, 22 anni, secondo portiere, bionda, capelli lunghi, viso d'angelo e un corpo che ogni domenica, durante la presentazione delle squadre, calamitava lo sguardo dei tifosi alla Scandone di Napoli.
"Dai Carolina, raggiungi le altre, non voglio che qualcuna possa pensare che...".
"Io me ne fotto di quello che pensano quelle quattro deficienti. E comunque il mio premio-partita, in natura, ho intenzione di dartelo anticipato. Ti aspetto a casa stasera".
"Ma non avevi un impegno?".
"Gli ho mandato un messaggio, guarda". E passò a Brini il suo Nokia. "Appuntamento saltato, domani c'è il derby, tutte a nanna presto, ordine dello stronzo".
"Grazie per lo stronzo" e rise. "Però è vero, stasera non possiamo fare tardi, forse è meglio che lasciamo perdere".
"Come preferisci. Vorrà dire che impiegherò il tempo a far girare sui social quella foto che sai. E ti sputtanerò per sempre".
Il sorriso con il quale la ragazza accompagnò la sua scherzosa minaccia convinse l'allenatore: "D'accordo. Poi, però, non lamentarti se ti tengo sempre in panchina per scarso rendimento".
"E chi si lamenta! Lo sai che della pallanuoto non me ne frega un cazzo. Lo sai che mi serve soltanto per scoparmi i fusti delle piscine come te. O forse credi di essere l'unico della lista?".
 
***
 
"La lista era lunghissima, e andava oltre i confini della pallanuoto", precisò l'uomo di sopra.
"Secondo te, è stato uno dei suoi amanti ad ammazzarla?, chiese l'uomo di sotto.
"Non lo so. Potrebbe essere stata anche una delle sue compagne di squadra, la detestavano. Faceva la spia col presidente, e prendeva pure bei soldi. Mentre le altre potevano contare solo su un rimborso spese, Carolina si metteva in tasca 10mila euro l'anno, una cifra che in A2 non danno a nessuna".
"E magari si scopava anche qualcuno della dirigenza...".
"Poco ma sicuro", confermò l'uomo di sopra.
Mezzanotte e 35. Sulla soglia della cella 26, al di là delle sbarre, la sagoma della guardia di ronda. "Fate silenzio voi due, altrimenti vi sbatto in isolamento". E riprese il giro.
"Chi era?", chiese l'uomo di sotto?
"Uno bello grosso".
"Allora non ci sono problemi. Tutta apparenza, sbraita tanto per far vedere, ma è un brav'uomo. Stavi dicendo?".

 
***
 
Domenica 22 aprile 2018 – Piscina Scandone di Napoli
"Ti stavo dicendo che... Cristo Santo, mi vuoi stare a sentire?".
"Ne parliamo a fine partita. Mancano due minuti, ce la fai ad aspettare due minuti?".
"Ok, ti aspetto fuori al parcheggio, vado a fumarmi una sigaretta. Però dopo parliamo, mi devi dire tutto quello che è successo tra te e Carolina, hai capito?".
"Ho capito, ho capito. Adesso fammi vedere in santa pace sto cazzo di finale".
5-5, ultimo possesso palla per l'Aquatic Napoli. Angelo Brini chiama time out, il cronometro segna 43" alla fine. "Facciamo 24, è uno schema che non s'aspettano. Se non riesce, mantenete comunque palla fino allo scadere dei 30". Forza, ragazze, mettiamo dentro questa palla, facciamo nostro questo cazzo di derby!".
Alla ripresa del gioco Barbara Fattore, il portiere dell'Aquatic, da centrocampo rimette il pallone in gioco e lo consegna ad Anna Saputo. Il capitano finta il tiro e poi, sul pressing dell'avversaria, lascia partire un lob che cade sul lato cattivo, a due metri dal portiere avversario. Grazia Esposito, la mancina, in entrata brucia sul tempo la sua marcatrice, agguanta il pallone e con un pallonetto scavalca il portiere in uscita. 6-5 per l'Aquatic Napoli a 29" dal termine.
"Glielo avevo detto di aspettare due minuti... E adesso forza ragazze, resistete all'ultimo assalto!".
L'Aquatic è a pressing. A 16" dalla fine il pallone cade al centro e la boa avversaria conquista l'uomo in più. Palleggio rapidissimo, la mancina è tutta sola, Barbara Fattore cerca disperatamente di chiudere lo specchio della porta, ma il tiro a giro passa alla sua destra e... si spegne sul palo. Giulia Bruni, centrovasca dell'Aquatic, si precipita sul pallone, lo afferra, elude il disperato tentativo di un'avversaria e si avvia verso la metà campo mentre l'arbitro fischia la fine. "Grandi!", esulta pugni al cielo Angelo Brini prima di essere sommerso dall'abbraccio del suo vice Franco Silvestri e delle ragazze.
 
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"Ce l'abbiamo fatta. E tu come un fesso ti sei perso il gol decisivo".
"Sai quanto me ne frega... in questo momento ho altri cazzi per la testa. E allora, ti decidi si o no a parlare. Ieri sera vi siete visti, vero?".
"No, quante volte te lo devo ripetere? Ieri sera sono uscito con Carla, quella mulatta che ho conosciuto mercoledì scorso al "Paper Moon". Le ho mandato un messaggio, ha risposto ok e ieri sera ci siamo visti. Quella è una che va subito al sodo, l'ho portata a casa mia, i miei non c'erano. Vuoi che ti racconto anche i dettagli per convincerti?".
"Stai parlando di Carla Torres?".
"Si, certo. Perchè, conosci per caso qualche altra mulatta che si chiama Carla?".
"Sei un pezzo di merda! Ieri sera sono andato al "Paper Moon" e Carla era là. Perchè mi hai fatto questo? Lo sai che ci tengo a Carolina". E con rabbia si scagliò sull'altro, che evitò abilmente l'assalto colpendolo a sua volta con un destro allo stomaco. Poi si accovacciò accanto all'amico, piegato in due per il dolore. "Lasciala perdere Carolina, non fa per te. E' soltanto una troia, la dà a tutti, lo vuoi capire si o no? E adesso alzati, andiamo al bar, ti offro una birra. Dobbiamo festeggiare la vittoria".
 
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"Se non avessero vinto, io non sarei qui a parlare con te", disse l'uomo di sopra.
"Che c'entra la vittoria?", chiese l'uomo di sotto. Per evitare un'altra cazziata della guardia si erano coricati nuovamente.
"C'entra, eccome! Le ragazze si sono beccate il premio-partita, io trent'anni di galera".
"E qual'era il premio?", chiese l'uomo di sotto.
"Una gita in un paese fantasma a duecento chilometri da Napoli. Tutto è successo lì".

 
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Martedì 24 aprile 2018
"Allora, a quanto pare domani saremo in sedici", annunciò Anna Saputo dopo aver radunato le compagne negli spogliatoi al termine dell'allenamento. Noi tredici, Brini, Silvestri e l'addetto stampa. Il presidente non può, e nemmeno il vice. Pazienza, ci divertiremo ugualmente".
Intervenne Bina Napolitano, la boa del'Aquatic Napoli, stazza degna del suo ruolo: "Voi che mi conoscete bene, care ragazze, sapete che io mi nutro soltanto di cultura. Quindi, la domanda è: "Dove andremo a mangiare in questa cazzo di gita?".
Applausi a scena aperta. Il capitano affibbiò affettuosamente una pacca sul robusto lato B della compagna e rispose: "La signorina Napolitano giustamente si preoccupa dell'aspetto diciamo più godereccio della trasferta. Ebbene, le informazioni in mio possesso sono confortanti: il nostro allenatore ha prenotato in un ristorante dove si mangia alla grande. Pare che ti portino un antipasto talmente abbondante che non ce la fai a prendere altro".
"Ma sto cazzo di paese fantasma dove dobbiamo andare come si chiama?", chiese Carolina Mazzi.
"Roscigno. Ci vogliono due ore mezzo di macchina. Andremo con i due pullmini da otto. E noi tutte già sappiamo dove andrà Carolina, vero ragazze?".
"In quello guidato dal mister", risposero le altre in coro.
"E lasciatela in pace una buona volta!". Alessandra Romano, attaccante di posizione 5, anni 22, magra come un chiodo, capelli corti, ieri rossi, oggi gialli, domani chissà.
"Ci scusi, signor avvocato difensore, la prossima volta chiederemo il suo permesso prima di parlare", replicò Anna Saputo e sciolse l'assemblea. "Ci vediamo domani mattina, puntuali mi raccomando".
 
 
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"Ehi, mister, hai sbagliato strada. Roscigno era dall'altra parte, non hai visto il cartello?". Carolina Mazzi era seduta accanto al guidatore, nel rispetto delle previsioni delle compagne di squadra.
Sul sedile di mezzo Bina Napolitano, Alessandra Romano e Francesca Tozzi, secondo centro, bionda, un metro e 82, la "vetta" della squadra. Alle loro spalle il terzetto Esposito-Fattore-Bruni. Alla guida dell'altro pullmino il vice allenatore Silvestri, anni 41, anche lui ex pallanuotista, l'unico sposato del gruppo: altezza media, capelli castani, naso prominente, un pitone verde tatuato sull'avambraccio sinistro. Accanto a lui l'addetto stampa Giuseppe Troccola, 37 anni, alto, biondo, ex giocatore di rugby. "Mi sa tanto che il mister ha sbagliato strada", disse a Silvestri guardando il cartello con la scritta Roscigno che si allontanava.
"No, stiamo andando bene. Angelo vuole portarci a vedere le cascate dell'Auso. Poi andremo a mangiare e nel pomeriggio visiteremo il paese fantasma".
"E che palle! Pure le cascate ci volevano", esclamò Carlotta Baratto, 26 anni, difensore centrale, capelli e occhi castani, detta Bunny per gli incisivi sporgenti. "Se lo sapevo rimanevo a casa".
"Bunny, non rompere le palle", intervenne Anna Saputo. Entrambe occupavano il sedile centrale assieme a Gloria Russo, la seconda mancina della squadra, 29 anni, castana, naso all'insù, viso dolcissimo tappezzato di efelidi. Sul sedile posteriore, impegnate a smanettare senza sosta sul cellulare, Paola Di Stasio, Valeria Croce e Roberta Ciccariello, le più giovani del gruppo, tutte Under 18.
Bunny, tra una curva e l'altra del sinuoso percorso che portava alle cascate dell'Auso, inviò un messaggio: "Perchè non mi raggiungi? Senza di te questa gita sarà di una noia mortale".
 
***

"Ho fame!", protestò Bina Napolitano. Complice la sua stazza, la boa dell'Aquatic Napoli arrancava in fondo al gruppo sulla salita che conduceva alla cascata dell'Auso. In testa Angelo Brini, l'allenatore, Cicerone per l'occasione: "Alla vostra sinistra il ponte a schiena d'asino. E' qui dal medioevo ed è ancora in perfette condizioni. Adesso ci passiamo sopra".
"Ma reggerà il peso di Bina?", chiese Anna Saputo, il capitano. Risata generale.
"Regge, regge, non ti preoccupare che regge - rispose Bina -: sono ancora a stomaco vuoto. C'è nessuna di voi che ha uno snack per placare la mia fame?".
"Uno snack? E che te ne fai?, ridacchiò Barbara Fattore, il portiere titolare della squadra. Per placare la tua fame ci vorrebbe un bue".
"Ma è mai possibile che in questo cazzo di posto non c'è un punto di ristoro?", continuò a lamentarsi Bina affacciandosi dal ponte. Sotto scorreva il fiume Santerno.
"Qui c'è soltanto acqua, Bina", sottolineò Bunny Baratto. "Non bastava tutta quella che vediamo sei volte la settimana in piscina?".
"Bunny, smettila con questa lagna", intervenne Anna Saputo. "E' da quando siamo partite che non fai altro che lamentarti. Era meglio se rimanevi a casa".
"E non solo lei", aggiunse Grazia Esposito. Fissata per i copricapo, per la gita aveva scelto un basco rosso dal quale spuntava la cascata di capelli ricci e biondi che avvolgeva il bel viso della mancina.
"Ce l'ha con te, Carolina", puntualizzò Francesca Tozzi. "Cosa fai, non rispondi?", aggiunse in tono di sfida.
Carolina fece finta di non sentire. I suoi lunghi capelli biondi scintillavano sotto i raggi del caldo sole che stava benedicendo la gita. "Quanto sarà alto sto ponte?", disse tanto per sviare il discorso.
"Buttati, così lo sapremo", rispose Francesca Tozzi. Poi si avvicinò a Carolina e le sussurrò: "Dai, buttati, facci questo favore. Così ci liberiamo per sempre della tua presenza".
"Ti piacerebbe, vero, brutta stronza?", rispose Carolina sempre sottovoce.
"E non solo a me, mia cara". E di soppiatto, mentre il resto del gruppo lasciava il ponte per iniziare l'ultimo strappo verso la cascata, sferrò una gomitata nel fianco destro di Carolina aggiungendo: "Stai lontana da me altrimenti ti do il resto".
Lo scambio di cortesie non sfuggì all'addetto stampa. Giuseppe Troccola raggiunse Franco Silvestri, il vice allenatore, e lo prese in disparte: "Tira una brutta aria", e indicò Carolina e Francesca attardate in fondo al gruppo. "Ma perchè Francesca ce l'ha tanto con lei?".
"Vecchie ruggini", rispose Silvestri senza dare ulteriori spiegazioni. "Una cosa è certa - sottolineò il vice allenatore -: se la dirigenza non si decide a liberarci di Carolina, in questa squadra non avremo mai pace". E visto che Troccola era di fresca nomina, e dunque non a conoscenza di tante situazioni, Silvestri si raccomandò: "Stai lontano da lei".
"Ci siamo, ecco la cascata", annunciò Angelo Brini.
"E quella sarebbe una cascata?",  sghignazzò Bunny. Anna Saputo stavolta non se la sentì di darle torto: "Effettivamente non è proprio delle dimensioni di quelle del Niagara. Però dai, è carina".
"Carina un corno! Per vedere questi quattro spruzzi d'acqua abbiamo fatto una salita bestiale. Adesso chiamo l'avvocato e querelo il mister per danni".
Pienamente convinto della bontà della sua scelta, Angelo Brini continuò a magnificare la cascata spiegando che "si tratta di una centrale idroelettrica da anni in disuso". Preso dal racconto non si accorse che Barbara Fattore e Paola Di Stasio, 16 anni, la più giovane del gruppo, si erano inerpicate verso la sommità della cascata attraverso un piccolo passaggio sul costone laterale destro della salita. "Dai Carolina, vieni anche tu: qui è bellissimo, si vede tutto il panorama", disse Barbara invitando la compagna a salire. "Dove cazzo vai, non vedi che è pericoloso?", intervenne prontamente Alessandra Romano bloccando Carolina Mazzi.
Il suo intervento attirò l'attenzione dell'allenatore. "Ehi, voi due, scendete immediatamente da lì. Quel sentiero è maledettamente scivoloso!".
Non appena furono al sicuro, Brini radunò il gruppo: "Siete pregate di rimanere unite e di non prendere iniziative non autorizzate. Forse voi due non ve ne siete rese conto - e chiamò in causa Barbara e Paola - ma avete rischiato grosso. Bastava un piede in fallo e finivate dentro la cascata. Adesso torniamo, vi porto a mangiare".
"Era ora!", commentò Bina Napolitano.
 
***

"Dunque Carolina Mazzi non è stata uccisa lì", disse l'uomo che occupava il letto di sotto.
"Certo che no", esclamò con stupore l'uomo di sopra. Possibile che non hai mai sentito parlare di questo delitto? E' diventato il caso dell'anno, ed è per questo che mi hanno dato trent'anni: per placare la rabbia dell'opinione pubblica".
"Quando è successo io ero qui", spiegò l'uomo di sotto. "Mi avevano dato sei mesi per un altro incidente di percorso".
"Non mi dire che anche quella volta si è scassato il camion perchè non ci credo".
"Il camion no. Si è bloccato l'ascensore e ci hanno beccato".
L'uomo di sopra, dimenticando che si ormai si era fatta l'una di notte, cominciò a ridere e non la finiva più.
"Mi fa piacere di averti restituito il buonumore - disse l'uomo di sotto - ma è meglio che la smetti, altrimenti quello torna e ci sbatte davvero in isolamento".
Asciugandosi le lacrime con la manica del pigiama, l'uomo di sopra chiese: "Dimmi, c'è stata qualche volta che non ti hanno preso?".
"Non ci crederai, ma prima di allora non era mai successo: 14 furti tutti andati a buon fine. E senza mai fare del male ad alcuno".
"Ci credo, ci credo. E' girata la ruota, tutto qui. Guarda me: prima di quello che è successo ero un uomo felice, avevo un buon lavoro e una valanga di amici. Ho perso tutto, e per un delitto che non ho commesso".

 
***

Corleto Monforte, agriturismo "Terra Nostra".
"Mister, dai, mangiamo fuori, guarda che giardino! E c'è anche un calciobalilla", esclamò Roberta Ciccariello, detta "Brazil", carnagione scura e forme che scoppiavano nel jeans  che aveva scelto per la gita. Strettissima anche la camicetta giallo canarino dalla quale Angelo Brini riuscì a fatica a staccare gli occhi mentre le diceva "Si, d'accordo, ma non vedo tavoli fuori. Evidentemente si può mangiare soltanto all'interno".
"Se mi date una mano, possiamo accontentare la signorina", intervenne il cameriere, un giovanotto alto con una zazzera di capelli neri e con la barba incolta.
"Su, ragazze, prendete i tavoli e portateli all'aperto", ordinò Brini. "Alle sedie ci pensiamo noi uomini".
"Io non voglio stare allo stesso tavolo di Bina", disse Bunny Baratto durante il trasloco.
"E nemmeno noi", si accodarono tutte le altre in coro.
"E va bene, giuro solennemente che oggi non ruberò nei vostri piatti", assicurò Bina al colmo dell'eccitazione. Aveva già dato uno sguardo al menu confermando a capitan Saputo le previsioni della vigilia: "Avevi ragione, Anna, gli antipasti sono colossali. E c'è pure un tris di primi del quale non vedo l'ora di fare la conoscenza".
"E io non vedo l'ora di metterti le mani addosso", fu il messaggio che arrivò sul Samsung di Carolina Mazzi. Si era appartata in un angolo del giardino per evitare di essere coinvolta nel trasloco.
Fu l'ultimo messaggio della sua vita.
 
 
***
 
Mercoledì 25 aprile 2018, ore 19,30

"Cosa significa è sparita?", chiese il poliziotto di servizio al 113.
"Significa - spiegò Angelo Brini - che non la troviamo più. L'abbiamo cercata ovunque. Potete mandare una pattuglia?".
La pattuglia arrivò a Roscigno alle 20,15. C'era ancora luce. Nella piazza del paese-fantasma, seduto su uno dei gradini della fontana, la polizia trovò ad aspettarla soltanto l'allenatore: "Tutti gli altri sono andati a prendere qualcosa di caldo. Cominciava a fare freddo, non volevo che le ragazze prendessero un malanno".
Rapidamente Brini raccontò l'accaduto ai due poliziotti: "Dopo aver pranzato a Corleto Monforte, siamo arrivati qui alle 17 circa. Abbiamo fatto un giro, poi ci siamo messi a giocare a nascondino. Tutti tranne Carolina Mazzi. Alla fine del gioco, potevano essere le 18,30, ci siamo accorti che Carolina non c'era. L'abbiamo chiamata ripetutamente ad alta voce, niente! Abbiamo provato a telefonarle, ma il cellulare era staccato, e lo è tutt'ora: l'ultima chiamata l'ho fatta prima del vostro arrivo. E così abbiamo cominciato le ricerche. Ci siamo divisi in tre gruppi e abbiamo esplorato il paese da cima a fondo. Poi abbiamo chiamato il 113".
"Come mai la ragazza non ha preso parte al gioco assieme alle compagne?", chiese uno dei due poliziotti.
"Mi ha detto che non ne aveva voglia e che sarebbe andata in bagno", e indicò al poliziotto l'insegna "Servizi igienici" a una trentina di metri dalla fontana. "Ma quei bagni pubblici sono fuori uso - spiegò Brini -. Ce ne siamo accorti quando abbiamo iniziato le ricerche".
Uno dei poliziotti si diresse verso i bagni per constatare di persona e al ritorno chiese all'allenatore: "Lei esclude che la ragazza possa essersi allontanata dal paese?".
"No, non posso escluderlo perchè Carolina è capace di queste cose. Ma sa anche che io sono piuttosto severo quando le ragazze sgarrano, e sapeva benissimo che alle 19 saremmo risaliti sui pullmini per tornare a casa".
 
***
 
"Sei stato tu a mandare quel messaggio a Carolina al ristorante?", chiese l'uomo di sotto.
"Si. C'eravamo messi d'accordo per vederci alle 17,30 poco fuori il paese-fantasma. Con la scusa di andare in bagno si è allontanata e mi ha raggiunto in macchina. "Posso stare al massimo venti minuti", mi ha detto, e infatti alle 17,50 mi ha piantato sul più bello ed è andata via. E' stata l'ultima volta che l'ho vista".
L'uomo di sotto scese dal letto. Aprì l'armadietto e prese una mela, che addentò avidamente.
"Ma come cazzo fai a mangiare a quest'ora? E' l'una e mezza passata?", esclamò l'uomo di sopra.
"E questo e niente! A volte quando mi alzo di notte faccio un pasto completo. Dimmi, piuttosto: tu cosa hai fatto dopo che Carolina se n'era andata?".
"Ero talmente arrapato che sono andato a cercare una puttana. Ho girato in macchina per un'oretta, ma non ne ho trovata nemmeno una e alle 19 ho ripreso l'autostrada per tornare a Napoli".
"E in quell'oretta non hai parlato con nessuno?".
"No, purtroppo. A un certo punto ho pensato di chiedere a qualcuno dove potevo trovare qualche puttana in quella zona, ma non ho incontrato anima viva e ho lasciato perdere".
"E quindi niente alibi".
"Esatto. Non hanno creduto allo storia della puttana e mi sono beccato sedici anni".
"Una cosa non capisco - chiese l'uomo di sotto -: se il delitto è stato commesso a Roscigno, che è in provincia di Salerno, come mai se n'è occupato quel tizio che chiamano la iena? Non dirige il commissariato di Fuorigrotta?".
"E' stato lui a trovare il cadavere di Carolina".

 
***

C'erano tante cose che facevano incazzare la iena: i lavativi, innanzitutto.
Lamentela standard di Arcangelo Noce con il questore: "Che siano incapaci, passi: io lo metto sempre in preventivo, vista la qualità media dei poliziotti di oggi. Ma che non abbiano voglia di lavorare, no, questo non lo posso tollerare".
Risposta standard del questore: "Porti pazienza, commissario, questi abbiamo e questi ci dobbiamo tenere, con tutti i pregi e i difetti. Se lei ha voglia di fare la guerra con i sindacati, si accomodi, faccia pure. Ma io non ho alcuna intenzione di aggiungere un'altra rogna alla mia già lunghissima lista".
Anche questo tipo di risposte faceva incazzare Arcangelo Noce. E si sfogava in trattoria con Elio a fine serata, quando tutti gli altri avventori erano andati via.
Alto, bruno, grosso, pancia prominente, faccia butterata, il 58enne Elio Parlato era "lombrosamente" perfetto per far parte dello schedario del commissariato di Fuorigrotta. C'era solo un ma: al contrario della iena, non sarebbe stato capace di fare del male neppure alla più fastidiosa delle mosche. Ed era l'unica persona al mondo capace di tenere testa al commissario Noce: "Ma se ogni volta il questore le risponde picche, perchè diavolo lo interpella? Sarà almeno la decima volta che facciamo questa discussione", e andò verso il calendario 2018 appeso sul muro di fronte al tavolo del commissario. Afferrò la matita legata al calendario da un cordoncino rosso e nello spazio riservato a giovedì 3 maggio, accompagnando l'operazione ad alta voce, scrisse: "E sono dieci!".
"Hai dimenticato di aggiungere l'orario, Elio. Sono le 15,03. E hai dimenticato pure di portarmi l'amaro".
"Provvedo immediatamente".
"Che roba è questa?", chiese la iena guardando con aria schifata la bottiglia.
"Me l'ha regalato un cliente. Dice che è buonissimo, ma ho aspettato lei per assaggiarlo".
"Fossi matto! Fai una bella cosa, Elio, vammi a prendere il mio solito amaro". Ma vedendo il tizio che stava per entrare nella trattoria cambiò idea: "Usiamolo come cavia, facciamolo assaggiare a lui".
L'uomo era sulla cinquantina. Alto, biondo, lineamenti regolari, indossava un completo blu, camicia bianca e cravatta rossa sgargiante, ma quello che risaltava di più erano le profonde occhiaie. Sembrava che non dormisse da tre giorni.
"Il commissario Noce?", chiese con voce gentile, incerta.
Tra le cose che facevano incazzare la iena c'erano anche le visite fuori programma e fuori ufficio, in particolar modo nelle ore dei pasti. "Adesso se lo mangia vivo", pensò Elio, e Noce sicuramente lo avrebbe fatto se non fosse stata così marcata la disperazione sul volto e nella voce dell'uomo. Perciò, per l'occasione, il commissario sostituì un "Mi dica" al previsto "Ma come cazzo si permette di venire a disturbarmi mentre sono a pranzo?!".
"Mi chiamo Gianluca Mazzi e sono il padre di Carolina, la ragazza scomparsa il 25 aprile scorso a Roscigno. Le posso rubare cinque minuti?".
"Certo, si accomodi", rispose con gentilezza la iena non dimenticando però il suo proposito iniziale. Svitò il tappo della bottiglia di amaro, riempì due bicchierini e ne spinse uno verso Mazzi: "Mi faccia compagnia, è buonissimo".
Gianluca Mazzi non aveva pranzato e non aveva alcuna voglia di prendere l'amaro, anche perchè era astemio, ma aveva bisogno di Noce e, pur di compiacerlo, mando giù un sorso. "Aveva ragione, è ottimo, il migliore che abbia mai bevuto".
La sua interpretazione fu talmente convincente da spingere la iena a vincere la diffidenza e ad assaggiarlo a sua volta, per poi pentirsene immediatamente. Tuttavia, poichè in precedenza ne aveva reclamizzato la bontà, il commissario dovette fare buon viso a cattivo amaro. "Glielo avevo detto che era un portento".
In altre circostanze, come minimo, Noce avrebbe rovesciato il bicchierino sul tavolo per fare un dispetto a Elio, colpevole di aver portato a tavola la sgradita bevanda. Stavolta, data la presenza di un estraneo, si limitò a fare un cenno al ristoratore e, quando egli si precipitò al tavolo, disse: "Ricordati di farmi avere il numero della persona che ti ha regalato questa squisitezza. Voglio ringraziarlo personalmente".
Poi, rivoltò a Mazzi, lo invitò ad esporre i fatti e, alla fine del racconto, chiese: "In tutti questi giorni i miei colleghi di Salerno hanno effettuato un sopralluogo a Roscigno?".
"No. Ci sono andato io, e da solo, il giorno dopo la gita. Ho girato il paese in lungo e in largo. La polizia si è limitata a esaminare il tabulato delle telefonate e dei messaggi fatti e ricevuti da mia figlia, soffermandosi in particolare sull'ultimo: "Non vedo l'ora di metterti le mani addosso". Glielo ha inviato un tale di cui non hanno voluto dirmi il nome. Mi hanno detto che lo hanno convocato, ma pare che dall'interrogatorio non sia emerso nulla di particolare, almeno così dicono. In altre parole, sono convinti che mia figlia sia scappata con questo tizio e mi hanno congedato dicendo: "La ragazza è maggiorenne, è libera di fare ciò che vuole".
"Ma sua figlia - chiese Noce - ha mai manifestato il desiderio di andarsene da casa?".
"Assolutamente no, commissario. Mia moglie ed io l'abbiamo viziata a tal punto che a casa nostra si sente come una regina. Ci ha sempre detto "Toglietevi dalla testa che un giorno io possa sposarmi. Single a vita. E da questa casa non me ne andrò mai, è una pacchia".
"In altre parole...".
"In altre parole, commissario, io sono certo che a mia figlia è successo qualcosa di brutto. Perciò sono venuto qui a disturbarla".
"Com'è arrivato a me? Chi le ha fatto il mio nome?", chiese Noce.
"Non c'è stato bisogno di referenze, commissario. Basta leggere i giornali per conoscerla. Mi aiuterà?".
"Vedrò quello che posso fare", rispose la iena.
 
***
 
"Come cazzo hai fatto a diventare commissario? Chi è il coglione che ti ha raccomandato a tal punto da permetterti di sedere su quella poltrona?".
Con queste parole, e sbattendo la porta, Arcangelo Noce uscì dall'ufficio di Francesco Cosentino, dirigente il commissariato di Salerno responsabile delle indagini sulla sparizione di Carolina Mazzi.
"Non hanno fatto un benemerito cazzo", riferì Noce a Elio quella sera. Il ristoratore gli portò antipasto di mare, spaghetti alla pescatora, frittura di paranza, insalata mista, pesche sciroppate e doppia porzione di gelato alla vaniglia. La iena divorò tutto a tempo di record, spinto più dalla rabbia che dall'appetito, che peraltro non gli aveva mai fatto difetto.
"In altre parole - aggiunse mentre Elio si sedeva cavalcioni su una sedia per ascoltare il resoconto - hanno archiviato tutto dando per scontato che nulla di grave possa essere accaduto alla ragazza. Ma si può essere così idioti? E sferrò con forza un pugno sul tavolo".
Elio cercò di calmarlo alla sua maniera: "Il caffè sta salendo".
"Quella macchinetta è lenta come te, Elio. E' mezzora che lo aspetto". Poi, rimettendo in piedi il bicchiere che aveva rovesciato con il pugno, aggiunse: "Stavolta sei perdonato. Se mi avessi già portato il caffè, sarebbe schizzato su tutte le pareti del locale".
"E io le avrei mandato il conto dei danni in commissariato. Ma in buona sostanza, i suoi colleghi di Salerno cosa le hanno detto?".
"Quella testa di cazzo di Cosentino, il commissario, ha giustificato il mancato sopralluogo nel paese fantasma sostenendo che non c'erano i presupposti".

"Vede, Noce, i fatti sono questi: abbiamo un tizio che ha mandato un messaggio a questa Carolina Mazzi e si è visto con lei poco fuori dal paese fantasma dalle 17,30 alle 17,50. Ci ha detto che subito dopo la ragazza è scesa dalla macchina e ha raggiunto le compagne di squadra, ma nessuna di loro l'ha vista. E neppure l'allenatore. Quindi non possono esserci dubbi: la Mazzi non è mai rientrata nel paese e se l'è filata con il tizio, che ha mentito per coprire la fuga della ragazza".
 
"Ma da quello che lei mi ha detto - obiettò Elio servendo il caffè al commissario - questo paese fantasma è piccolissimo. Che costava fare un sopralluogo al suo collega di Salerno?".
"Nulla - rispose Noce -. Ma significava andare contro le sue convinzioni".
 
"E poi, caro Noce, una ricerca nel paese fantasma l'hanno già fatta l'allenatore e le compagne di squadra dopo la sparizione della ragazza. E' perfettamente inutile, quindi, che io mandi una pattuglia sul posto. Abbiamo cose più urgenti e importanti da fare".
 
"E adesso lei cosa farà?", chiese Elio alla iena.
"E' molto semplice: il sopralluogo lo farò io. E poichè non so guidare, sarai tu ad accompagnarmi. Andremo lunedì prossimo, nel giorno di chiusura della tua bettola".
"Nulla in contrario, per me sarà un piacere. Ma perchè non si fa accompagnare da qualcuno del commissariato?".
"Non posso, il caso è di competenza dei colleghi di Salerno. Se si viene a sapere che sono andato a Roscigno in via ufficiale, stai pur certo che mi fanno passare un guaio. Al commissariato di Fuorigrotta non aspettano altro".
"Ma c'è la Dell'Angelo, commissario: il suo vice è persona fidata".
"Si, ma guida da cani e non ho alcuna intenzione di rimetterci la pelle sull'autostrada per una vicenda che neppure è di mia competenza".
 
***
 
Nel Padiglione Genova del carcere di Poggioreale, alle ore 2,10 del 30 settembre 2019, dormivano tutti. Tranne i due della cella 26.
"Dove hanno trovato il cadavere?, chiese l'uomo di sotto.
"In una delle case abbandonate", rispose l'uomo di sopra.
"Come ti spieghi che le sue compagne di squadra non lo hanno visto? Da quello che mi hai detto, hanno cercato Carolina per tutto il paese".
"Dopo averla uccisa, l'assassino ha gettato il corpo nella legnaia dell'abitazione. Uno del gruppo, però, sapeva benissimo il cadavere dov'era".
"Certo. Se non sei stato tu ad ammazzarla, per forza di cose deve essere stato qualcuno della squadra. A meno che...".
"A cosa stai pensando?", chiese l'uomo di sopra.
"A meno che - proseguì l'uomo di sotto - Carolina non si sia vista nel paese fantasma con qualcun altro estraneo al gruppo, e questa persona l'ha uccisa. Nell'inchiesta è uscita fuori questa ipotesi?".
"Si, la polizia ha ascoltato altre due persone che in quel periodo si scopavano Carolina, ma come vedi in galera ci sono finito io".
"Ecco, proprio questo non mi è chiaro: perchè hanno dato per scontato che sei stato tu ad ammazzarla?".
"Perchè vicino al cadavere hanno trovato il mio accendino", rispose l'uomo di sotto.

 
***
 
Lunedì 7 maggio 2018
"Commissario, propongo un break".
"Ancora?! Non più di un'ora fa sei andato a pisciare. Cos'altro c'è, Elio?"
"Sono tre ore che cerchiamo senza sosta in questo cazzo di paese abbandonato da Dio. Perchè non andiamo a mangiare?".
Noce guardò l'orologio: "Ma sono ancora le 13! Posso capire che non vedi l'ora di andare al ristorante, dato che mangeremo finalmente qualcosa di commestibile dopo anni e anni di sbobbe immonde, ma ti ricordo che questa non è una gita". E riprese le ricerche.
"Lì ci siamo già stati?", disse a Elio indicando una grande casa a tre piani.
Fatta eccezione per la piazza principale, il paese era un dedalo di viuzze, e non era facile distinguere le case, quasi tutte avvolte da rampicanti. Per evitare di confondersi, Elio aveva fatto una X con un gessetto bianco sulle porte degli edifici già visitati. Erano tutte in legno e nella maggior parte dei casi permettevano l'accesso.
Elio si avvicino all'ingresso della casa a due piani e puntò il dito: "Per caso vede una X?".
"No",  rispose la iena.
"E allora vuol dire che questa casa non l'abbiamo già perlustrata", esclamò allargando le braccia.
"Ti ricordo, tuttavia, che molte di queste abitazioni hanno una doppia entrata", obiettò il commissario.
"Si, ma questa non ce l'ha, e da qui si vede benissimo", rispose Elio e pensò: "Chi cazzo me l'ha fatto fare?".
Il lunedì, giorno di chiusura della trattoria, Elio lo dedicava completamente al riposo, spesso in compagnia molto più piacevole di quella del commissario. Assolutamente refrattario al matrimonio e alle unioni durature, cambiava spesso compagna e da due mesi frequentava una 38enne polacca, Halina: al contrario della iena, era la tranquillità fatta persona ed Elio, mentre varcava la soglia dell'abitazione, non l'aveva mai rimpianta come in quel momento.
"Là cosa c'è?", chiese Noce indicando una piccola porta di legno a sinistra delle scale che portavano al primo piano.
"E' chiusa", rispose Elio abbassando la maniglia. "C'è anche una serratura, forse è stata montata dalla Pro Loco per impedire l'accesso ai visitatori. Evidentemente c'è il rischio che qualcuno possa farsi male, forse dentro c'è materiale pericoloso".
Fecero faticosamente le tre rampe di scale che portavano al piano di sopra. I gradini erano altissimi. "Questa qui doveva essere la camera da letto", disse la iena varcando l'uscio - senza porta - di un ampio vano. L'unica finestra era sbarrata da assi di legno, la stanza era semibuia.
Pochi secondi dopo Arcangelo Noce rischiò seriamente di passare a miglior vita.
"Fermò!", urlò Elio tuffandosi sul commissario e scaraventando per terra.
"Che cazzo ti è preso? Sei impazzito?", urlò la iena.
"C'è un grosso buco nel pavimento e lei ci stava per finire dentro".
Noce si rialzò dolorante e scrollò la polvere dalla giacca e dai pantaloni. "Passami la torcia, voglio capire se devo ringraziarti oppure mandarti a quel paese".
Il commissario si avvicinò al buco, si affacciò e si ritrasse immediatamente. "Misericordia, qui dentro c'è un fetore bestiale".
Prese dalla tasca sinistra della giacca un fazzoletto e lo appoggiò al volto con la mano sinistra. Si affacciò nuovamente e con la destra illuminò il buco. "Abbiamo trovato Carolina".
 
***

"Pronto, Cosentino? Sono Noce. Mi trovo qui a Roscigno. Ascolta bene quello che ti sto per dire senza interrompermi. Ho trovato il cadavere di Carolina Mazzi in una delle abitazioni abbandonate. Da questo momento il caso diventa mio. In cambio non dirò nè al tuo questore nè alla stampa che ti sei rifiutato di fare il sopralluogo chiesto dal padre della ragazza dieci giorni fa. Per le questioni burocratiche circa il passaggio delle consegne me la vedo io. Tu non devi fare altro che andare a farti fottere".
Elio si complimentò con la iena: "Commissario, è stato grande. Posso darle il cinque?".
"No, grazie, l'ultima volta che lo hai fatto mi hai massacrato la mano destra. Piuttosto, qui ormai non servi a un cazzo, vai pure a mangiare. Io rimango ad aspettare il medico legale, la scientifica e quelli della Pro Loco".
"Devo portarle qualcosa da mangiare?", chiese Elio.
"Un paio di panini al prosciutto. Senza fretta: ce ne vorrà prima che possa trovare il tempo per mangiarli".
Mentre Elio scendeva le scale, Noce si bloccò di colpo. Si precipitò nella stanza accanto a quella del delitto, l'unica provvista di balcone, e si affacciò: "Elio, aspetta, ho cambiato idea: uno al prosciutto e uno al salame. E portami una bottiglia di vino, qui nel Cilento lo fanno buono".
"Un Aglianico", suggerì a Elio un ometto sulla cinquantina che si stava avvicinando alla casa.
"Lei chi è?", chiese Noce dal balcone.
"Sono Claudio Parente, il presidente della Pro Loco".
"Salga, salga", invitò con un sorrisetto maligno la iena.
"Io so benissimo chi è lei", disse Parente mentre saliva le scale. Arrivato sul pianerottolo, tese la mano al commissario, che la ignorò. "Lei è Arcangelo Noce, so tutto delle sue inchieste. Incontrarla per me è un piacere e un onore".
"Un onore sicuramente, un piacere non credo proprio. Venga un po' qui", e lo invitò ad entrare nella stanza del delitto. "Lo vede quel grosso buco nel pavimento? Bene, è lì che hanno gettato il cadavere, e per poco non ci sono finito dentro anch'io. Lei è stato molto fortunato, presidente: ha rischiato seriamente una condanna per omicidio colposo".
Tutto mortificato, Parente si avvicino al buco. "Ma commissario, qui sopra c'era un grossa tavola di legno. L'abbiamo messa appositamente per evitare incidenti".
"Ne è sicuro, Parlato, o se l'è inventato per giustificarsi?".
"Ne sono sicurissimo. Chieda ai miei collaboratori della Pro Loco, glielo confermeranno".
"Ciò non toglie che vi sia stata incuria da parte vostra. L'omicidio è avvenuto il 25 aprile, sono quasi due settimane che quel buco è scoperto. Come la mettiamo?".
"Ha ragione, commissario. Farò effettuare immediatamente un accurato sopralluogo nell'intero paese per verificare se tutto è in ordine". Poi, vedendo che il commissario stava telefonando, cominciò a preoccuparsi: "A chi sta chiamando?", chiese timidamente.
"Pronto, Elio, come si chiama il ristorante? La taverna del fauno? Okay. Non pagare il conto, sei ospite della Pro Loco. E' il minimo che possano fare per il rischio che ho corso un'ora fa. Si, certo, metti sul conto anche i miei panini e il vino".
"Se vuole, commissario - intervenne Parente - potete trattenervi anche a cena. Sempre a nostre spese, naturalmente".
"Sarà per un'altra volta. Se proprio vuole sdebitarsi, rimanga qui a dare una mano. Non credo proprio che sarà facile tirare fuori il cadavere da lì".
 
***

"Il buco nel pavimento - spiegò l'uomo di sopra - portava a quella che una volta doveva essere la legnaia, al pianterreno dell'abitazione. Il corpo ha fatto un salto di oltre tre metri ed è caduto su una montagna di detriti: legname, vetri, calcinacci. Tutto questo materiale bloccava la porta della legnaia al pianterreno, sono stati costretti ad issare il cadavere al secondo piano con un paranco".
"E il tuo accendino?", chiese l'uomo di sotto.
"Lo hanno trovato ai piedi della catasta di detriti, sul pavimento della legnaia".
"Ma se tu in quella stanza non sei mai entrato, come mai l'accendino è finito lì?".
"Prima di scendere dalla mia macchina, Carolina l'ha visto nel portaoggetti accanto al cambio. "Molto carino. Trovatene un altro, questo è mio". E se l'è portato via".
"Ma lei fumava?", chiese l'uomo di sotto.
"No, se l'è preso solo per capriccio. E mi ha inguaiato: sopra c'erano anche le mie impronte, ovviamente. Il pubblico ministero ci ha costruito tutta la tesi accusatoria".

 
"Se la polizia, signor giudice, avesse trovato l'accendino addosso alla vittima, avremmo potuto anche prendere in considerazione la tesi della difesa: essa sostiene che è stata Carolina Mazzi a portarlo sul luogo del delitto dopo averlo preso nella macchina dell'imputato. Ma l'accendino è stato ritrovato lontano dal cadavere e - negando l'evidenza dei fatti - il collega della difesa ha tirato fuori un'altra ipotesi fantascientifica: l'accendino sarebbe uscito da una delle tasche dei pantaloni della vittima durante la caduta. Semplicemente ridicolo! Il jeans che Carolina indossava quel giorno era molto stretto, e in entrambe le tasche sono state trovate delle monete: come mai sono rimaste al loro posto e l'accendino no? E' semplice, signor giudice: Carolina  Mazzi non è mai entrata in possesso dell'accendino. E' stato portato in quella casa dall'imputato. Dopo aver ucciso la ragazza, ha gettato il corpo nel buco del pavimento e nel farlo è caduto inavvertitamente anche l'accendino".


"E il tuo avvocato?", chiese l'uomo di sotto.
"Un coglione. Ha sbagliato completamente strategia: se n'è uscito fuori con una serie di cazzate che hanno peggiorato la situazione".
"Ad esempio?".
"Ha detto che se fossi stato io l'assassino, sicuramente sarei ritornato sul luogo del delitto con una scala per recuperare l'accendino, lasciando tracce evidenti che invece non sono state rinvenute. Il pubblico ministero ha impiegato pochi secondi a smontare questa tesi".

 
"Signor giudice, la difesa si sta arrampicando sugli specchi. Se l'imputato è tornato sul luogo del delitto per recuperare l'accendino, perchè mai avrebbe dovuto lasciare delle tracce? Bastava indossare guanti e copriscarpe, quelli che si adoperano in tutte le piscine di questo mondo. Bastava tornare di notte, chi lo avrebbe visto? Il paese è completamente disabitato. Perciò è molto probabile che l'imputato effettivamente sia tornato a Roscigno per recuperare l'accendino, chiunque al suo posto lo avrebbe fatto. Ma non è stato fortunato: l'accendino è andato a finire dove non era possibile recuperarlo".
 
***

Lunedì 7 maggio - Ore 17
Seduto in macchina accanto ad Elio, al centro della piazza principale di Roscigno, Arcangelo Noce aveva da poco terminato il suo primo panino, quello al prosciutto. Si avvicinò Guido Torchia, il giovane medico legale: già al momento del suo arrivo aveva suscitato interesse nel commissario. Alto, bruno, occhi azzurri, fisico palestrato, presentava un unico difetto per Noce: non era gay.
"Gradisce un bicchiere di vino?", chiese la iena.
"La ringrazio, ma devo guidare. Come avrà potuto notare, commissario, il cadavere è in stato di avanzata decomposizione. Al resto hanno provveduto gli insetti. Ciò nonostante sono in grado di dirle sin da adesso che la ragazza non è morta per la caduta. E' stata strangolata. Non mi chieda giorno e ora del decesso, prima dell'autopsia è impossibile stabilirlo, neppure con abbondante approssimazione. Le farò un colpo di telefono quando sarò in grado di darle ulteriori notizie".
Mentre il medico legale si allontanava, Noce prese il secondo panino, quello al salame, e lo addentò avidamente.
"Lei ha uno stomaco di ferro, commissario - disse Elio con una smorfia -: al solo pensiero di come era ridotta quella povera ragazza, il mio si sarebbe chiuso immediatamente".
"Infatti, non ci sto pensando affatto. Possiamo andare, Elio: la scientifica ne avrà ancora per molto. E poi ho fretta di arrivare a Salerno, il questore mi attende. Cosentino gli ha già comunicato che per "cause di forza maggiore" non potrà occuparsi del caso".
 
***

Martedì 8 maggio - Ore 16
"Prima di venire da lei, commissario, ho telefonato in questura a Salerno. Mi hanno detto che il caso è di sua competenza. Meglio così. Il vostro commissariato è a due passi da casa mia, io abito a viale Augusto".
Alessandra Romano, 22enne attaccante dell'Aquatic Napoli, guardò con aria interrogativa Donatella Dell'Angelo, in piedi alla destra di Noce nell'ufficio della iena.
Il vice commissario soddisfò immediatamente la sua curiosità: "Ci siamo viste stamattina nel salone di bellezza di mio marito, lei aveva i capelli rossi".
Tornata al colore naturale, castano chiaro, di rosso adesso aveva soltanto gli occhi. Prima di entrare in commissariato aveva pianto.
"Carolina era l'unica mia amica. Ci conoscevamo da oltre dieci anni, abbiamo cominciato a giocare a pallanuoto insieme da ragazzine. Le volevo molto bene, ma tra noi c'era soltanto un rapporto d'amicizia. A me piacciono gli uomini, commissario, e sono felicemente fidanzata".
Noce la guardò perplesso, non si spiegava il perchè di quella precisazione non richiesta. Fu tutto più chiaro quando la pallanuotista aggiunse: "Io non avevo alcun motivo - nè gelosia nè altro - per uccidere Carolina. Ma sicuramente è stata ammazzata da una di noi".
 

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