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I campioni del passato spiegano la crisi della pallanuoto: Gualtiero Parisio

  Pubblicato il 28 Set 2018  15:00
Cominciamo con Gualtiero Parisio, pluricampione d'Italia con la Canottieri Napoli e fondatore dell'Associazione "Pallanuoto Sempre", una serie d'interviste con i campioni del passato.
 
La scarsissima presenza di spettatori in Coppa Italia ha dato un segnale inequivocabile: anche quest'anno i campionati di A1 dovranno fare i conti con il problema della carenza di pubblico. Per trovare i rimedi, è indispensabile individuare le cause. Quali sono, a tuo avviso?
"Fino a vent'anni fa la pallanuoto italiana, come seguito, era ai primi posti tra gli sport di squadra. Poi, anno dopo anno, siamo stati sorpassati da discipline come la pallavolo che sono riuscite a rispondere nel migliore dei modi ai cambiamenti che progressivamente hanno trasformato lo sport in un evento sempre più televisivo. La pallanuoto non è stata capace di stare al passo con i tempi: continuiamo a vedere in televisione partite nelle quali lo spettacolo è penalizzato dai riflessi sull'acqua, dal sole che proviene dalle vetrate, etc. Lo spettatore, già in difficoltà a seguire uno sport di non facile comprensione per le sue moltepici regole, non è invogliato a continuare a vederlo. Se poi a tutto questo aggiungiamo che la pallanuoto ha perso gran parte della sua attrattiva dal punto di vista tecnico, si spiega facilmente la continua emorragia di spettatori in piscina".
 
Tecnicamente cosa è cambiato in negativo?
"Oggi la pallanuoto tende sempre più a mortificare il gioco, la fantasia dei suoi campioni. L'obiettivo unico è la ricerca della superiorità numerica attraverso il passaggio al centro, e il tutto si esaurisce in una stucchevole sfida con l'uomo in più nella quale ha la meglio la squadra più brava a sfruttare la superiorità. Si è cercato di porre rimedio modificando le regole, accorciando il campo di gioco, ma non so fino a che punto tutto ciò possa servire a riacquistare il pubblico perso. Anche perchè - e qui parlo in particolare dell'Italia - abbiamo un campionato di A1 maschile che oggi ha scarso appeal".
 
Per quale motivo?
"Il campionato italiano da anni ha una squadra come la Pro Recco per la quale oggi conquistare lo scudetto è diventato quasi una formalità. Poi ci sono Brescia e Sport Management che cercano di starle a ruota e, in quarta e quinta posizione, quelle formazioni che anno dopo anno riescono ad emergere. Tutte le altre cercano di rimanere a galla in una situazione di mediocrità generale che ha mandato a farsi benedire il concetto di sport agonistico: non si gareggia più per vincere, per migliorare, ma per non soccombere. Mi metto nei panni dei tifosi: perchè dovrei andare a vedere le partite della mia squadra se so già in partenza che non potrà andare oltre una certa posizione in classifica?".
 
Al di là di tutto ciò, non credi che abbia pesato sul deterioramento dell'immagine della pallanuoto l'incapacità della federazione di valorizzare i propri campioni sul piano mediatico? Abbiamo atleti che nulla hanno da invidiare agli altri principali protagonisti dello sport italiano, ma purtroppo la grande massa degli appassionati non li conosce.
"Non credo sia questo il problema principale. Ripeto, la pallanuoto soffre soprattutto del decadimento della qualità del gioco e dell'incapacità di offrire il nostro sport in maniera decente al grande pubblico televisivo".
 
Ma perchè il grande pubblico dovrebbe vedere in tv uno sport di cui ignora l'esistenza? Basta andare nelle scuole per rendersi conto che la quasi totalità degli alunni non sa neppure cosa sia la pallanuoto. Ci vuole un progetto serio nelle scuole, è da qui che bisogna partire per propagandare la pallanuoto.
"E' una strada da seguire, certo. Ci ho provato anch'io. Qualdo lavoravo per la Regione Campania, ho ideato un disegno di legge che è stato approvato in toto fatta eccezione proprio per il capitolo riguardante lo sport nelle scuole. Esso prevedeva, per il nuoto e la pallanuoto, il coinvolgimento non solo degli istituti in possesso di piscine proprie, ma anche delle scuole talmente vicine agli impianti natatori da superare ogni tipo di problema riguardante il trasporto degli alunni. Attenzione: io con questo disegno di legge non ho scoperto la luna. Si tratti di iniziative che nelle nazioni del nord Europa sono in vigore da tempo".
 
Avvicinare i giovani alla pallanuoto è una pratica che svolgono egregiamente le associazioni Waterpolo Development e Waterpolo People attraverso l'Haba Waba e lo Yellow Ball. Ma anche la tua "Pallanuoto Sempre" ha dato un notevole impulso in tal senso con la Beach Waterpolo.
"Con la Beach abbiamo svolto nel migliore dei modi la fase A, quella della semina, della divulgazione, lasciando in numerose località balneari un campo da gioco a disposizione di chiunque volesse avvicinarsi al nostro sport. I risultati sono stati superiori alle aspettative, oggi la Beach si gioca in tutto il mondo e si è parlato più volte anche della creazione di un campionato europeo: a luglio sono stato contattato dalla Len, sembrava che la cosa potesse andare in porto, ma siamo a fine settembre e non ne ho saputo più nulla. Per quanto riguarda la fase B, si tratta semplicemente di sfruttare quei campi che abbiamo lasciato nelle varie località balneari con l'ausilio di istruttori messi a disposizione dalla Fin oppure dalle istituzioni locali".
 
La Beach Waterpolo si è rivelata un veicolo importantissimo per propagandare la pallanuoto. Lo sarebbe ancor di più se, invece di montare i campi in mare, dove per gli spettatori non è facile seguire le partite, la si praticasse sulle spiagge con piscine prefabbricate, tribune simili a quelle del Beach Volley ed eventi con la partecipazione di Settebello e Setterosa. E' un progetto davvero irrealizzabile?
"I costi sarebbero notevolissimi, è chiaro, ma l'intervento di sponsor potrebbe essere determinante in senso positivo. Chiaramente a questi sponsor bisogna garantire un ritorno adeguato grazie al coinvolgimento dei media, in particolare quelli televisivi".
 
A proposito di nazionali, ti convince la scelta del Settebello di ricorrere all'apporto di ben quattro naturalizzati?
"No, perchè è un segnale negativo, un segnale di resa da parte della Fin. Significa che la scuola italiana di pallanuoto non funziona, per cui si rende necessario il ricorso ai naturalizzati".
Mario Corcione
 
I VOSTRI COMMENTI
 
Purtroppo sono tutte cose note da tempo e suppongo condivise da tutti. Io ho seguito l'Ass.pallan.Sempre alla sua nascita (facevo parte del gruppo della Scandone e ho avuto l'onore di giocare contro Gualtiero...) e penso che la beach waterpolo possa funzionare ancora in acqua, soprattutto vicino ai moli (vedi memorial D'Angelo). Inoltre giocando in estate si inserirebbe nell'incomprensibile vuoto lasciato dalla pallanuoto nella sua stagione naturale. P.S. è possibile accedere all'elenco dei luoghi dove poter trovare un campo di beach waterpolo?
Domenico
 
 
 
 

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