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Failla: “Ho sempre creduto nella vittoria con la Grecia. L’oro olimpico era la dolce ossessione del Setterosa”

  Pubblicato il 28 Ago 2124  12:04

Non è stato semplicemente il telecronista addetto al racconto di un evento ma con il tempo ha finito per diventare il cantore di uno straordinario ciclo di vittorie, il compagno di viaggio del Setterosa della leggenda. Fabrizio Failla, giornalista Rai, ripercorre, a vent’anni di distanza, l’entusiasmante cavalcata che ha portato capitan Allucci e compagne, traguardo che fa impallidire le emozioni provate, nel 2006, per la vittoria del mondiale di calcio in Germania. 
 
Se deve riassumere il trionfo del Setterosa ad Atene con un’immagine quale sceglie?
Scelgo Grego che torna a metà campo dopo il gol, su deviazione della giocatrice greca, che riporta l’Italia sul -1 nei tempi supplementari. Senza quell’episodio non avremmo potuto vincere l’Olimpiade. Eravamo troppo più forti della Grecia per non riuscire a vincere, in quella partita fummo condizionati dalla prova della Liosi, autrice di cinque gol dopo averne segnati quattro in tutto il torneo.
 
Quale è stato il momento più difficile da dover raccontare in quella meravigliosa cavalcata?
Il -2 all’inizio dei tempi supplementari. La figlia di Formiconi mi ha confidato, in un momento successivo, di esser rimasta davanti alla tv perché c’ero io in telecronaca che mostravo grande fiducia sul successo finale.
 
Quale era il segreto che rendeva quell’Italia una squadra unica ed inarrestabile?
La capacità di tutto lo staff di essere un gruppo che vinceva divertendosi. Hanno saputo metabolizzare i fisiologici errori di crescita, non hanno mai vissuto con l’acqua alla gola e hanno sempre guardato all’obiettivo finale. Ricordo che a fine partita è intervenuto Manuel Estiarte per fare personalmente i complimenti alle ragazze e dire che capiva bene che cosa provavano le greche per averlo sperimentato sulla sua pelle dodici anni prima a Barcellona contro l’Italia. Le avversarie partivano sempre sotto 1-0 perché riconoscevano all’Italia la superiorità mentale.
 
Che cosa ha pensato quando, ad inizio supplementari, le greche conducevano 9-7?
Che ce l’avremmo fatta perché quello era l’obiettivo della vita per quelle ragazze, la loro ossessione. Il giorno dopo la dolorosa sconfitta di Palermo contro la Russia che, da campionesse del mondo in carica, le escludeva da Sydney 2000 ero con loro e capitan Allucci disse alle compagne:” Ragazze tra quattro anni vinceremo noi la medaglia d’oro”.
 
Com’è cambiata la pallanuoto femminile negli ultimi vent’anni e perché non tira più come prima?
Quando una nazionale vince ne beneficia tutto il movimento, sale il livello del campionato e si amplia la base anche perché i bambini e le bambine vogliono emulare le imprese dei loro campioni preferiti. La pallanuoto si è evoluta, non ci siamo adeguati e non siamo stati più in grado, eccetto la meravigliosa eccezione di Rio 2016 con Fabio Conti in panchina, in condizione di giocarcela come in quell’occasione. A Germania 2006 quando l’Italia ha vinto il Mondiale ero frontman della Rari ma quell’emozione impallidisce se confrontata con l’oro di Atene, successo reso ancor più prezioso dall’essere l’unica medaglia ottenuta negli sport di squadra in quell’edizione.
 
 

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