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Atene 2004, Miceli:” L’oro olimpico era il nostro unico obiettivo. Prima dell’evento eravamo come tigri in gabbia”

  Pubblicato il 28 Ago 2124  08:22
I gruppi fondati su solide basi umane riescono poi a trasformare le peggiori delusioni in propellente su cui costruire i più grandi successi. La beffa subita con la mancata qualificazione a Sidney 2000 ha alimentato l’infinita voglia di riscatto del Setterosa targato Formiconi che ha messo nel mirino l’oro di Atene 2004 e non ha fallito l’obiettivo completando così uno straordinario ciclo vincente. Martina Miceli, oggi tecnico dell’Ekipé Orizzonte Catania, fotografa la forza di un gruppo granitico che, animato da una passione senza limiti, ha lavorato instancabilmente sotto la guida del suo mentore e raggiunto la vetta più alta nella vita di uno sportivo.
 
Se deve riassumere il trionfo contro le greche con un’immagine quale sceglie?
Sicuramente il podio: ogni volta che rivedo quell’immagine rivivo lo stesso sentimento di “pienezza”
 
Quanto vi ha caricato dover giocare la sfida per il titolo contro le padrone di casa?
Dopo aver superato l’Ungheria ai quarti e gli USA in semifinale, sapevamo che la Grecia era ampiamente alla nostra portata. Giocare una finale Olimpica nella culla delle Olimpiadi contro la squadra di casa, credo che sia il “sogno dei sogni” per ogni sportivo.
 
C’è stato un momento in cui avete temuto di non farcela?
Inspiegabilmente durante tutta la partita (anche quando siamo andate sotto nei tempi supplementari!!) ho sempre avuto la certezza che avremmo vinto. Non ho mai avuto timore di perderla. Solo dopo, rivedendola, mi sono accorta che abbiamo veramente rischiato.
 
Se deve individuare il momento chiave del vostro torneo dove concentra la sua attenzione?
Non c’è un momento chiave durante il torneo. Noi siamo andate ad Atene per vincere le Olimpiadi e non per partecipare. È stato un cammino durato quattro anni, dove in ogni allenamento, l’unico vero obiettivo era quello. Se proprio devo individuare un momento ti dico il giorno dopo la mancata qualificazioni alle Olimpiadi di Sydney 2000: ci siamo guardate tra di noi e ci siamo dette che avremmo vinto le Olimpiadi seguenti.
 
Quale è stata la prima reazione quando ha visto il pallone scagliato da Grego terminare la sua corsa in fondo al sacco?
In realtà appena ha fatto goal, siamo rimaste concentrate per finire la partita, non abbiamo mai esultato particolarmente prima della fine. Questo è stata un’altra nostra peculiarità: mai esultato sopra le righe per un goal, per una partita che non fosse una finale o per una medaglia che non fosse oro!!
 
Che cosa rendeva unico e, per certi versi, indistruttibile quel Setterosa?
Avevamo ben chiari i nostri obiettivi. Perfezioniste e mai appagate: sempre affamate di qualcosa in più, che fosse uno schema, un gesto tecnico o un miglioramento fisico. Non abbiamo mai avuto bisogno che qualcuno ci stimolasse a dare il massimo in partita o in allenamento. Anzi, ogni tanto, Pier doveva frenarci. Sapeva che a ridosso dell’evento diventavamo delle tigri in gabbia. A volte eravamo pericolose anche nelle partitelle tra di noi!! Eravamo insuperabili nello stimolarci naturalmente tra di noi ad alzare sempre l’asticella.
 
Quanto c’è, nel suo percorso da tecnico vincente sia in prima squadra che con le giovanili, degli insegnamenti di Formiconi?
C’è tutto!! Gli devo tutto, sia come atleta che come allenatore. E anche come persona: oltre che Atlete ci ha fatto diventare Donne con la D maiuscola.
 
È innegabile che la pallanuoto femminile italiana non viva oggi il suo momento migliore. Che cosa serve per riportare il movimento alla dimensione che gli compete?
Ci si potrebbe scrivere un libro. Nessuno ha la bacchetta magica ma un bel po’ di cose da fare ci sarebbero. Forse un giorno qualcuno di quelli che decide potrebbe chiedere il mio parere: fino ad oggi non è mai successo…anzi…
 

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