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Editoriale

Più spazio alle squadre europee per valorizzare la World League

  Pubblicato il 02 Mag 2015  12:21
Lo abbiamo già scritto non una, ma almeno dieci volte: la World League, maschile o femminile che sia, è in questo momento di crisi della pallanuoto la manifestazione più importante. E per due principali motivi:
1.  E’ una manifestazione per nazionali, e le nazionali, a qualsiasi Paese appartengano, riempiono sempre le piscine, anche in occasione delle partite amichevoli. Le partite di club, invece, anche quelle di Champions League, fanno registrare spesso larghi vuoti sugli spalti.
2. La World League è l’unica manifestazione che copre un arco temporale rilevante: sette mesi tra fasi preliminari e Final Eight. Questo significa che i quotidiani sportivi e gli altri media per sette mesi scrivono di pallanuoto, sia pure, è ovvio, con limitata frequenza.
Purtroppo, però, questa importanza della World League, ai fini di un rilancio della pallanuoto in termine di immagine e di popolarità, non è stata recepita. Più volte abbiamo suggerito, anche con il contributo dei pareri di tecnici delle nazionali, di adottare una formula che dia maggior valore tecnico alla manifestazione, ma non siamo stati ascoltati. E così la World League continua ad andare avanti con un profilo basso, notevolmente inferiore alle sue possibilità. Tanto è vero che varie nazioni la utilizzano prevalentemente come banco di prova in vista, di volta in volta, di Olimpiadi, Mondiali, Europei.
Anche non cambiando completamente formula, tuttavia, ma con un semplice ritocco, si può dare maggiore valenza alla World League, e precisamente alla fase finale. Prendiamo, ad esempio, la World League femminile: alla Final Eight di Shangai prenderanno parte, oltre alla Cina (Paese organizzatore) sei nazioni di primo livello: Australia, Canada, Italia, Olanda, Russia e Stati Uniti. Più il Brasile. Quest’ultima formazione, con tutta la buona volontà, non potrà fare altro che recitare un ruolo di comparsa a Shanghai, mentre sono rimaste fuori dalla Final Eight squadre come Grecia, Russia e Ungheria. E’ un po’ come se, alla Final Six di Champions League, invece del  Primorje ci fosse, con tutto il rispetto parlando, la squadra campione di Bulgaria.
Ci permettiamo, dunque, di dare un suggerimento alla Fina: aumentare a 4 i posti a disposizione delle formazioni europee nella Final Eight femminile quando non è europeo il Paese organizzatore.
Si obietterà: le nazioni come Brasile e Kazakhstan, che domenica ad Auckland si contenderanno l’ultimo posto disponibile a Shanghai, confrontandosi con importanti realtà europee nella Final Eight avranno l’opportunità di crescere. Vero, ma noi riteniamo che il vero processo di crescita di una Nazione che non è all’avanguardia nella pallanuoto e - cosa ancor più importante - la diffusione del nostro sport nei cinque continenti, debbano avvenire attraverso ben altri processi. E in particolare con l’affidamento dell’intero settore tecnico ad allenatori di grande esperienza e capacità manageriale ed organizzativa. Siamo tutti a conoscenza degli enormi progressi che Stati Uniti prima, e lo stesso Brasile oggi, hanno raggiunto  grazie al lavoro a 360° svolto da Ratko Rudic. Un tema che svilupperemo più approfonditamente in un successivo editoriale.
Mario Corcione