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Fabbri: "Il punto cruciale è la gestione dei positivi, le giovanili devono giocare"

  Pubblicato il 15 Ott 2120  08:19
(comunicato stampa Roma Nuoto) - Serie A1 ferma, il Covid-19 non ha permesso nemmeno l’inizio del campionato, previsto per il 3 ottobre scorso. Al vaglio della FIN e delle società probabili e meno probabili alternative per cominciare una stagione che, parola di Sandro Campagna, deve iniziare. Non si parla mai invece delle categorie giovanili, vero fulcro e risorsa di tutto il movimento pallanuotistico italiano. Su questi temi, e molto altro, abbiamo ascoltato il direttore sportivo, e genitore di due piccoli atleti della Roma Nuoto, Massimiliano Fabbri.
 
Scelte, mercato, rosa e un nuovo progetto. Come nasce la Roma Nuoto versione 2020/2021?
«La pandemia ha inevitabilmente condizionato molto le nostre scelte. Roberto Gatto ha interrotto il suo cammino con la Roma Nuoto, dopo averci portato dalla B all’A2 da giocatore e poi, con un cambio di ruolo, dall’A2 all’A1 come allenatore. Questa è la serie che ci compete e nella quale lavoriamo con passione. È stato un bel percorso e lo ringraziamo molto per il lavoro svolto. Quest’anno, quindi, abbiamo voluto ripartire da un’idea molto ambiziosa e difficile: far fare il salto di qualità ai nostri ragazzi più giovani. Per questo abbiamo scelto di affidare la nostra prima squadra a Massimo Tafuro, al quale sono legato da sincera stima ormai da molti anni. Nella squadra ci sono stati diversi cambiamenti: Camilleri e Paskovic sono stati sostituiti dai fratelli Vavic. Innocenzi ha scelto di lasciare la pallanuoto per diventare professore e Casasola ha preso il posto di Michele Lapenna, nostro capitano nella passata stagione. Nel gruppo sono stati inseriti alcuni giovani del 2003, verso cui abbiamo grandi aspettative. Sicuramente quella di quest’anno è una squadra da ricentrare, con diverse garanzie e molte sfide. Siamo consapevoli che quella che ci attende sarà una stagione in salita, ma siamo comunque pronti a vendere cara la pelle».
 
Dalle tue parole risulta chiara una cosa: l’obiettivo è giocare. Ma ora cosa succede?
«La situazione si sta ulteriormente complicando. Durante l’estate abbiamo lavorato in funzione delle indicazioni della Federazione. E anche in base a queste abbiamo costruito la squadra, sapendo di dover disputare un determinato tipo di campionato. Una regular season, non dei concentramenti di tre o quattro partite in due giorni, sicuramente più dispendiosi fisicamente, e poi trenta giorni di stop. E, oltretutto, nemmeno più sicuri dal punto di vista del contagio, come ha dimostrato infatti la Coppa Italia. Far stare insieme ancora più squadre è a mio parere controproducente. Ovviamente non conosco le dinamiche che governano le decisioni di chi detta la linea da tenere, ma al punto in cui ci troviamo oggi sembra chiaro che molte questioni restino ancora senza risposta».
 
Qual è la tua opinione sulle possibili modalità di ripresa di cui si parla?
«Sentiamo parlare di (im)probabili formule del campionato, di bolle e raggruppamenti, senza però avere informazioni di come verranno gestite le emergenze e avendo come unico esempio – negativo – quello della Coppa Italia. Faccio un esempio pratico. La Roma Nuoto gioca a Lignano Sabbiadoro tre partite, contro Pro Recco, Brescia e Ortigia. Se durante il concentramento un solo giocatore di una squadra avversaria dovesse risultare positivo, la squadra non potrebbe più giocare. Quindi? Cosa succede? Vinciamo a tavolino contro Pro Recco, Brescia o Ortigia? Qualcuno dirà che due anni fa il Posillipo vinse a tavolino contro la Pro Recco, per un problema logistico-gestionale. Vero. Ma allora le gare da disputare erano 23: un normale campionato con andata e ritorno. Inoltre la formula proposta ci viene comunicata dieci giorni dopo la data che era stata fissata per l’inizio del campionato. Ci si doveva aspettare l’aumento dei contagi in autunno e già si sarebbe dovuta avere a portata di mano la soluzione per uno scenario come questo. Stiamo parlando del principale campionato italiano di pallanuoto. E ancora, se si organizza una formula a concentramenti si giocherà ogni trenta o quaranta giorni, disputando a fine anno solo poche partite. Non è un campionato! Non ci potrà essere continuità agonistica e a risentirne saranno soprattutto i più giovani, che così facendo avranno ben poca possibilità di crescita. Tutto ciò penalizza oltremodo le società di pallanuoto come la nostra».
 
Cosa proponi allora per non snaturare uno sport bellissimo come la pallanuoto e intraprendere la stagione agonistica nel miglior modo possibile?
«Credo che il punto cruciale non sia la formula giusta da trovare, ma piuttosto la gestione dei positivi. È questo il nodo da sciogliere. Puoi inventarti tutte le formule che vuoi, fare i tamponi mattina e sera, ma poco risolvi. Lo stiamo vedendo nel calcio: escono positivi di continuo e lì fanno i tamponi veramente ogni due giorni. Non voglio giudicare, ma basket e pallavolo hanno già iniziato i loro campionati. È impossibile solo per noi? Comunque a questo punto andrei avanti con la formula iniziale, partite di andata e ritorno. A maggio potevi inventarti un campionato più soft, ma oggi no, è troppo tardi. Il picco dei contagi probabilmente deve ancora arrivare e oggi, se avessimo iniziato il 3 ottobre, avremmo fatto già due giornate, sabato avremmo avuto la terza. Certo, avresti avuto sicuramente partite da recuperare, ma almeno eri partito. Un po’ come sta facendo il calcio insomma, navigando a vista, pronto ai recuperi».
 
Non solo senior però, anche il settore giovanile è bloccato senza sapere nulla su come andare avanti. Si inizieranno i campionati?
«Per i giovani sono molto preoccupato. Temo che per loro, che tra l’altro sono la fascia meno colpita dal virus, nessuno si esporrà mai. Mi sembra evidente che dovremmo occuparci più di loro, che sono il nostro futuro, non solo pallanuotisticamente parlando. Devono crescere e hanno bisogno di confrontarsi in acqua. Il tempo perso non si recupera! Certo devono essere educati al rispetto delle norme anti Covid: dobbiamo pretendere che le rispettino con la massima serietà. Ma i giovani devono giocare. Si dice che inizieranno forse a gennaio, non lo so. Ma dobbiamo fare in modo che i nostri ragazzi possano riassaporare il gusto dell’agonismo, del confronto, della sfida. A scuola le cose sembrano funzionare, anche se con qualche positivo ovviamente. Ormai è iniziata da più di un mese e non mi sembra che ci siano tantissimi casi nelle scuole. Come tutti, anche noi abbiamo iniziato gli allenamenti, prendendo le massime precauzioni e riusciamo ad allenarci. Il Covid non vive in piscina. Lo portiamo da fuori e bisogna stare attenti nei comportamenti ed essere tempestivi nell’intervenire per gli isolamenti. Ma l’allenamento non basta, dobbiamo far giocare i ragazzi! Con una Coppa Italia giovanile a Natale? Un campionato invernale? Non lo so, ma facciamoli divertire! Mi aspetto che la Federazione si dedichi in fretta a tutto ciò. Ritengo che sia un punto cruciale per il futuro della nostra pallanuoto».
 
Che futuro vedi per la pallanuoto in un momento difficile come questo?
«Vedo un futuro roseo per tutta la pallanuoto italiana, sono ottimista. Dobbiamo soltanto resistere cercando di limitare i danni. Poi si tornerà a giocare senza problemi, anzi, ancora più felici e consapevoli di prima!».
Andrea Esposito

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