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Diego Pizzimbone tra pallanuoto, famiglia ed imprenditoria: "Vi racconto la mia Africa"

  Pubblicato il 23 Nov 2120  14:47
"Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Di unire la gente. Parla una lingua che tutti capiscono. Lo sport può creare la speranza laddove prima c’era solo disperazione".
 
Nelson Mandela, attraverso il concetto di sport, ha cambiato il mondo. Il sudafricano più conosciuto in assoluto, infatti, ha sempre creduto nel potere e nei valori dello sport.

Chissà se Diego Pizzimbone, ex giocatore di Mameli e Pro Recco, all’età di dieci anni, quando iniziava nella piscina di Voltri a muovere le prime bracciate, avrebbe mai pensato un giorno di insegnare pallanuoto dall’altro lato del pianeta.
Una passione nata in maniera comune: un giovanissimo atleta che dopo gli anni trascorsi a praticare scuola nuoto si innamora della pallanuoto entrando a far parte delle formazioni giovanili della Mameli, la squadra della sua città. Dopo un po' viene notato dalla mitica Pro Recco (insieme ai suoi compagni di squadra Martini, Carraro e Pertini) ed entra a far parte della cantera biancoceleste vincendo anche uno scudetto allievi ed uno scudetto juniores.
Poi il rientro alla Mameli in prima squadra, dove giocherà per due anni prima di subire un grave infortunio alla mascella (“Ricevetti un pugno in pieno volto durante una partita che mi ha tenne lontano dalle piscine per sette mesi”) ed appendere la calottina al chiodo.
 
La curiosità nasce spontanea: com’è che si è ritrovato in Sudafrica?
“Per una serie di combinazioni. Nel 2015 in seguito alla chiusura di una società di merchandising (che interagiva con club di calcio di alto livello tra cui Real Madrid, Inter e Juventus) io e mia moglie Francesca, figlia dello storico pallanuotista Remo Argeri, decidiamo di partire per una vacanza in Sudafrica, a Namibia, non conoscendo assolutamente il paese. Cinque giorni della vacanza ci dedichiamo a visitare Cape Town (Città del Capo), restandone letteralmente folgorati. Ci rendiamo conto che è un paese molto occidentalizzato rispetto al resto del Sudafrica e, nei nostri giri, mia moglie lascia qualche curriculum ad alcune delle più importanti gioiellerie in città. Al rientro in Italia, Francesca riceve una mail da una delle gioiellerie più importanti al mondo con la comunicazione che il proprietario, Mr. Donald Greig, casualmente si trovava in vacanza in Italia, a Rapallo, e che avrebbe voluto incontrarla per un colloquio conoscitivo. Il colloquio andò a buon fine e nel giro di un anno ci ritrovammo con un biglietto aereo di sola andata per il Sudafrica, esattamente l’11 Settembre 2015”.
 
Da lì, possiamo immaginare, si mette alla ricerca di un lavoro…
“Inserendo sul web le parole chiave “waterpolo” e “Cape Town” scopro la realtà della pallanuoto nei college. Ma prima dovevo pensare ad iscrivere i miei figli a scuola così iscrivemmo mio fio Riccardo, anche lui pallanuotista sin da bambino, in un istituto americano che, dietro pagamento di una retta annuale, lo accettò. La scuola, però, nel suo ventaglio d’offerta sportiva non offriva la possibilità di praticare pallanuoto ed allora ci mettemmo alla ricerca di un college in cui si praticasse il nostro sport. La scuola sudafricana Reddam, a pochi metri da casa, lo accettò per la parte sportiva permettendogli di entrare a far parte della squadra di pallanuoto per poi offrirgli, l'anno seguente, una borsa di studio al 100% (valore pari a 6 mila euro di retta annuale) per un trasferimento totale, anche sotto il profilo accademico. Ovviamente accettammo la proposta e da allora Riccardo diventa uno studente ed un giocatore della Reddam House Constantia”.
 
Nasce così, dunque, il primo contatto con la pallanuoto sudafricana?
“Esattamente. Frequentando le piscine inizio a spiegare il funzionamento della pallanuoto in Italia e, sapendo del mio passato da giocatore, mi fu proposto di guidare una formazione giovanile scolastica. Dopo un anno e mezzo coinvolgo anche Sandro Bovo, mio amico di vecchia data, che accetta di scendere qui a Cape Town per una settimana ed organizziamo un Waterpolo Camp dedicato agli studenti. La cosa incredibile, di cui ancora oggi mi stupisco, è che i ragazzi non conoscono praticamente nulla della storia della pallanuoto: non conoscevano Bovo, non conoscono Estiarte, non conoscono Kasas. E’ un po' come se un ragazzo che pratica calcio non conosca Messi o Maradona. Alla Reddam ho allenato la squadra B e, per due anni, l’Under 19 femminile”.
 
Ci può spiegare come funziona la pallanuoto in Sudafrica?
“Innanzitutto non esiste una pallanuoto senior, non esiste un vero e proprio campionato: è uno sport che si pratica solo all’interno delle scuole e dei college. Qui, purtroppo, vi sono dinamiche diverse dalla cultura sportiva europea; in Italia per giocare a pallanuoto ad un certo livello, a quindici anni, devi saper nuotare bene ed aver già praticato pallanuoto o acquagoal per un paio d’anni. In Sudafrica non funziona così: a quindici anni si presenta un giovane atleta che vuole approcciare a questo sport e, grazie alle profumate rette che i genitori versano alle scuole, non è possibile fare selezione. Per cui è difficile anche la gestione dei giocatori perché sia il giocatore più bravo che quello meno bravo dovranno avere lo stesso minutaggio per non innescare dinamiche spiacevoli tra le famiglie ed i college. Lo sport sa essere molto contraddittorio qui in Sudafrica: a volte gli allenamenti vengono esasperati con sedute di mental training, sedute fisioterapiche, esercizi assurdi e test attitudinali ma poi ci si ferma e non si gioca più per sei mesi”.
 
Ci spieghi meglio…
“La pallanuoto qui è considerato sport estivo per cui si pratica da Ottobre ad Aprile (quando in Sudafrica è estate). Nel resto dell’anno, invece, le squadre si smobilitano e le scuole danno la possibilità ai ragazzi di praticare sport invernali quali rugby, hockey da prato, calcio e tanti altri. Al termine dell’inverno si ritorna a praticare gli sport estivi e così via. Capirete bene che far crescere e migliorare un atleta che ogni sei mesi cambia sport è difficile, per di più uno sport come la pallanuoto dove se non ti alleni con costanza e regolarità tutti i giorni perdi i benefici dell’allenamento”.
 
Ma come sono strutturate le competizioni in Sudafrica?
“Non esiste un vero e proprio campionato ma mini tornei di tre giorni, solitamente venrdì-sabato-domenica, ai quali prendono parte le principali scuole: Reddam, SACS, Bishops, Rondebosch. Si gioca solo tra ragazzi della stessa età per cui un buon 2008 non può giocare con i 2007: il meccanismo non è a categorie ma ad annate. Esiste poi una sorta di Trofeo delle Regioni e noi partecipiamo con la “West Province”, la nostra regione che si svolge a dicembre, sempre con la modalità del concentramento. Purtroppo dopo l’età scolastica finisce tutto. Non esistono prime squadre ma solo club amatoriale creati appositamente da alcuni coach che (ad esempio i warriors o i rangers) dove si organizzano autonomamente allenamenti e piccoli tornei a pagamento”.
 
Possibilità di confronto con altre realtà esterne, quindi, non ce ne sono?
“E’ difficile. Basti pensare che la realtà extra sudafricana più vicina, di uno spessore maggiore, è quella dell’Egitto. Peccato perché a questi ragazzi non si da la possibilità di specializzarsi o professionalizzarsi in questo sport. Eppure vi assicuro che c’è un bacino impressionante ed un potenziale incredibile; Cape Town è una città multi etnica in cui si mescolano culture e famiglie provenienti dall’Olanda, Inghilterra, Paesi Bassi, Stati Uniti. Sono molto ben preparati fisicamente i ragazzi e pensate al vantaggio che hanno nello scontro fisico in acqua e nell’uno contro uno, avendo modo di praticare uno sport duro come il rugby. Le esperienze di confronto che ripeteremo sicuramente sono state proprio in Italia: al Gazzetta Summer Camp ed allo Yellow Ball Waterpolo International Event. Due esperienze che hanno stimolato tanto i ragazzi e le loro famiglie e che avremmo ripetuto volentieri se il Covid-19, la scorsa stagione, non ci avesse fermato”.
 
A proposito di Covid, come ve la passate in Sudafrica? Quali misure sono state adottate dallo sport per adattarsi al Coronavirus?
“Il Coronavirus ha colpito diverse attività anche qui e le prime cose ad essere fermate sono state quelle inerenti l’attività sportiva. Trattandosi la pallanuoto di uno sport scolastico ed avendo adottato misure di didattica a distanza anche qui, ne abbiamo risentito. Tutte le manifestazioni sono state soppresse a livello ufficiale ed anche l’evento tra tutte le province del Sudafrica è stato annullato”.
 
Attualmente Diego Pizzimbone oltre ad occuparsi di pallanuoto con i ragazzi gestisce una splendida Guest House, Acquavitae Guest House (CLICCA QUI PER VISITARE IL SITO ), organizzando visite turistiche. “Speriamo che questo momento passi in fretta per tornare alla normalità. Città del Capo è un posto meraviglioso che offre a cittadini e turisti delle bellezze naturali mozzafiato. Tra qualche mese mio figlio Riccardo si diplomerà, terminando di fatto la scuola, e decideremo quale e dove sarà il suo futuro. Nel frattempo seguirò da tifoso il percorso accademico e sportivo dell’altra mia figlia, Ludovica, 15 anni, entrata a far parte della squadra di pallanuoto femminile della Reddam come portiere”.
 
 
Gianluca Leo

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