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Dalla sesta alla decima puntata

  Pubblicato il 29 Lug 2119  23:57
LA DECIMA PUNTATA
Noce scese a grande velocità le rampe di scale del civico 63 di via Niutta inseguito da Riccio che - zavorrato dai suoi 104 chili - a fatica riusciva a tenere il passo della iena. “Ti avverto fin da ora: se mi fai scoppiare il cuore, avrai me sulla coscienza e mia moglie e i miei figli a carico”.
“Non preoccuparti, verranno tutti i giorni a mangiare con me da Elio”, rispose la iena. Arrivato al piano terra, Noce si liberò della salvietta di carta odontoiatrica che aveva ancora al collo e la depositò nella mano destra del portiere dello stabile, che guardò esterrefatto l’inseguimento tra i due poliziotti. “Non chiami la Polizia, la Polizia siamo noi”, disse Riccio mettendo il distintivo sotto il naso del portiere.
L’inseguimento continuò fino a piazza Arenella, dove Riccio aveva lasciato la sua Passat. “Fai presto a mettere in moto questa carriola, dobbiamo andare immediatamente in commissariato”.
“Guarda che possiamo andare al mio, è qui a due passi: non c’è bisogno di arrivare fino a Fuorigrotta”, gli fece notare Riccio appoggiandosi all’autovettura per lo sforzo sostenuto. “Intanto, se non ti dispiace, vuoi dirmi cosa ti è preso?”.
“Mi è preso che ho scoperto perché Masini ha ucciso Claudia Wirz. E sei stato proprio tu a mettermi sulla strada giusta andando a guardare i quadri nello studio del dentista. Contrabbando di opere d’arte”.
Riccio si era ripreso, ma la rivelazione del collega lo lasciò nuovamente senza fiato: “Mi stai dicendo che Masini è un trafficante d’arte?”.
“Ovviamente non lo so per certo, ma il mio intuito mi dice che siamo sulla strada giusta”.
“E come sei giunto a questa conclusione, se è lecito?”.
“Partendo dal presupposto che l’assassino di Claudia Wirz non può essere che Masini. E’ una cosa di cui io sono convinto sin dall’inizio delle indagini”.
“Non c’è bisogno che tu lo dica, si è capito benissimo”, intervenne Riccio.
“Inizialmente - proseguì la iena - pensavo che il delitto fosse passionale: la Wirz dice a Masini che tra loro due è finita e l’antiquario la uccide. Ma se fosse stato questo il motivo, non si spiegherebbe l’appoggio che la moglie di Masini ha dato al marito nella costruzione del suo alibi. Manuela Belli ha mentito, ma non lo avrebbe mai fatto se la Wirz fosse stata l’amante di Masini”.
“Vai avanti”, invitò Riccio con evidente curiosità mentre i due lasciavano la Passat per percorrere i 200 metri che li separavano dal commissariato del Vomero-Arenella.
“Claudia Wirz era complice del contrabbando d’arte. Complice ignara, probabilmente. Altrimenti da qualche parte avremmo trovato cifre notevolmente superiori ai duemila euro che Masini le versava sul conto corrente ogni mese. Ad un certo punto, ovviamente per caso, scopre il vero motivo dei suoi continui viaggi di lavoro e, preoccupata di poter finire in galera assieme all’antiquario, decide di denunciarlo. Ma commette un errore che le sarà fatale: prima di andare alla Polizia parla con Masini e gli rivela di aver scoperto tutto. L’uomo prova a dissuadere la Wirz, probabilmente le offre una somma ingente di denaro, ma la donna rifiuta. L’antiquario non si arrende, sa che la donna domenica 19 maggio prenderà parte alla visita guidata e la raggiunge. Cerca di nuovamente di convincerla a recedere dalle sue intenzioni, ma tutti i suoi tentativi sono vani. Gli rimane perciò una sola via d’uscita: ucciderla. Intanto, con la collaborazione della moglie, ha già preparato l’alibi nell’eventualità molto probabile di fallimento del suo estremo tentativo: prima di raggiungere la Wirz lascia a casa il cellulare, lo spegne e - quando Brogi chiama al telefono di casa - la moglie recita la sceneggiata del malessere che poi ripeterà anche con noi”.
“Nonostante tutte le sue precauzioni, però, - prosegue Noce - Masini inciampa in un incidente di percorso: Franco Pollio. E’ anche poco fortunato l’antiquario: l’unico dei presenti che assiste per caso al delitto è pieno di debiti e prende la palla al balzo affidando al ricatto la soluzione di tutti i suoi problemi. Masini finge di stare al gioco, i due si danno appuntamento all’America Hall e gli omicidi passano a due”.
“Ammesso e non concesso che tutto questo sia vero - obiettò Riccio -, come farai a dimostrarlo?”.
“Come faremo, vorrai dire. Hai per caso intenzione di abbandonarmi proprio sul più bello?”. E sotto braccio a Riccio varcò il portone del commissariato del Vomero-Arenella.
 
***
 
“Quello che non riesco a capire è tutta questa fretta. Mi hai fatto spolmonare - si lamentò Riccio – del tutto inutilmente. Mettiamo che tu abbia ragione: vuoi che Masini non abbia già fatto sparire tutte le prove dei suoi traffici?”.
“Adesso glielo chiedo”, rispose la iena col cellulare in mano. Aveva messo il viva voce.
“Sono il commissario Noce. Mi scusi se la disturbo, signor Masini, ma avrei bisogno di alcune informazioni”.
“Prego, dica pure, sono a sua disposizione”.
“Tutti i viaggi di lavoro che Claudia Wirz ha fatto per lei li ha effettuati con la sua autovettura personale?”.
“In alcuni casi si. In altre occasioni, quando cioè si prevedeva che potesse tornare con pezzi d’antiquariato più ingombranti, le mettevo a disposizione il mio Suv”.
“La Wirz è mai andata all’estero dietro suo incarico?”.
“Soltanto quando il suo lavoro di allenatore glielo permetteva, cioè a campionato fermo?”.
“Vale a dire?”.
“Da metà maggio alla prima decade di settembre, cioè dalla fine del campionato all’inizio della preparazione per la stagione agonistica successiva”.
“Quindi nel 2019 ha sempre viaggiato in Italia, giusto?”.
“Si, e con un raggio di azione piuttosto limitato. Claudia aveva a disposizione soltanto la domenica e mezza giornata di lunedì”.
“Ma il campionato di pallanuoto si ferma durante le festività natalizie e pasquali, giusto?”.
“Si, certo…  ha ragione… l’avevo dimenticato…  E infatti nel gennaio scorso Claudia è andata per conto nostro in Croazia”.
“In quali giorni, per l’esattezza”, chiese Noce.
“Adesso non ricordo con precisione, ma sicuramente dopo l’Epifania. Quest’anno la sosta del campionato è stata più lunga del solito, il campionato è ripreso a metà gennaio”.
“Vuole essere tanto cortese, signor Masini, dal farmi sapere con esattezza le date del viaggio in Croazia?”.
“Certamente. Domani mattina, quando la mia contabile verrà nel negozio…”.
“Subito, signor Masini”.
“D’accordo, commissario. Aspetti un minuto, il tempo di fare una telefonata”.
Di minuti ne trascorsero un paio. “Ecco, commissario, ci sono: Claudia è partita lunedì 7 gennaio ed è tornata sabato 12”.
“E’ partita e tornata da sola?”.
“Si, commissario”.
“Ha viaggiato in macchina?”.
“Si, con il mio Suv. Ha preso il traghetto da Pescara a Spalato e viceversa. Ma perché tutte queste domande, commissario? Ha scoperto qualcosa?”.
“La saluto signor Masini. E grazie per la sua collaborazione”, troncò frettolosamente la iena.
“Come ti è sembrato?”, chiese Riccio.
“Beh, l’hai sentito pure tu. Tranquillità glaciale. Anche alla fine, quando ha chiesto se c’era qualche novità nelle indagini, sembrava molto calmo, quasi distante. E non ha fatto una piega neppure quando gli ho ordinato di darmi immediatamente le date precise del viaggio della Wirz in Croazia”.
“Tuttavia - fece notare Riccio – in un primo momento ha omesso di parlare del viaggio in Croazia. Semplice dimenticanza?”.
“Non lo so, ma se siamo davvero sulla pista giusta non credo che il traffico di opere d’arte sia stato effettuato mediante il Suv di Masini. Troppo rischioso. Molto più sicuro servirsi della autovettura di Claudia Wirz, una Hyundai di piccola cilindrata. Il rapporto della scientifica, che ha esaminato la  macchina subito dopo il delitto, dice che sul cruscotto c’è anche lo stemma della sua squadra di pallanuoto: un motivo in più per superare tranquillamente un eventuale controllo della polizia stradale. Non dimentichiamo, inoltre, che la Wirz quasi sicuramente non era a conoscenza dei traffici di Masini, quindi se è stata fermata a qualche posto di blocco si è comportata con estrema naturalezza”.
“Ok, ma siamo sempre nel campo delle supposizioni. Come faremo a dimostrarlo?”, chiese Riccio.
“Smontando pezzo per pezzo la Hyundai di Claudia Wirz”.
 
***
 
LA NONA PUNTATA
Silvio Masini corrispondeva perfettamente ai connotati delll'assassino.
“E la moglie – argomentò Noce - potrebbe aver mentito. Potrebbe, d’accordo con il marito, aver detto un sacco di fesserie sul malanno di Masini pur di procurargli un alibi”.
“Si, ma il movente dov’è?”, obiettò Riccio. “Perché uccidere una collaboratrice che gli faceva guadagnare un sacco di quattrini?”.
“Può darsi - rispose Noce – che i due avessero una relazione e che la donna abbia deciso di troncarla. Mi sembra un motivo più che sufficiente”.
“Dimentichi - incalzò Riccio - la dinamica dell’omicidio, avvenuto in una sede e in un’occasione - una visita guidata – nella quale l’assassino ha corso un rischio altissimo di essere scoperto. Non credo, quindi, che la decisione della donna di troncare la relazione, di cui peraltro non c’è traccia, possa aver indotto Masini ad esporsi ad un rischio così alto”.
Noce, tuttavia, continuò a sostenere la sua tesi: “La mia carriera, e anche la tua, è tappezzata di omicidi passionali commessi senza un minimo di criterio dagli autori, senza fregarsene minimamente delle conseguenze”.
“Certo, chi lo mette in dubbio? – ribattè Riccio –, ma tu dimentichi che siamo di fronte ad un omicidio premeditato. Tanto è vero che l’assassino si è guardato bene dall’esporsi al raggio di azione delle macchine fotografiche degli altri partecipanti alla visita guidata. Il movente, quindi, doveva essere ancora più forte di quello passionale: la persona che ha commesso il delitto si è vista perduta e ha ritenuto l’omicidio l’unica possibile via d’uscita”.
“Quindi tu escludi che possa essere stato Masini”, riepilogò Noce.
“No, ma in questo momento la sua posizione non può essere che quella di sospettato, non di più. Così come quella del presidente della squadra di pallanuoto. Pure Benedetta Daniele è benestante, sufficientemente alta, conosceva Claudia Wirz e anche lei sostiene di essere stata a casa per tutta la mattina di domenica 19 maggio. Ma la domanda è sempre la stessa? Dov’è l’alibi? Perché avrebbe dovuto ammazzare il suo allenatore? La Daniele sostiene che i suoi rapporti con la Wirz erano ottimi, e questa affermazione - da quello che mi hai detto - è stata confermata anche dagli altri componenti la squadra”.
“Rimane - concluse Riccio - Manuela Belli, la moglie di Masini: anche lei è molto più alta della media, ma c’è quella telefonata che la esclude categoricamente dai possibili autori del delitto. E' stata lei a rispondere a Brogi, l’antiquario amico del marito, la domenica in cui è stata uccisa Claudia Wirz".
La discussione fu interrotta dall’irruzione di Donatella Dell’Angelo. Piombò nell’ufficio di Noce senza bussare, ma sapeva di non correre il rischio di essere sbranata dalla iena perché portava “Ottime notizie! Pollio la domenica del delitto era alla visita guidata! E’ stato fotografato da almeno tre partecipanti”. E consegnò a Noce e Riccio le fotocopie delle fotografie che le avevano trasmesso per Watsapp”.
“Non c’è dubbio, è lui”, confermò Riccio. “I due delitti sono stati commessi dalla stessa persona. Ora ne abbiamo la prova”.
“E in quasi tutte le foto - indicò Donatella - si vede chiaramente che sta conversando con la stessa persona”.
Un uomo sulla cinquantina, di altezza non superiore al metro e settanta, capelli bruni tagliati cortissimi, jeans e camicia bianca a righine blu.
“Potrebbe essere un amico”, disse Donatella.
“Ma quale amico, non diciamo cazzate”, esclamò la iena. "Pollio aveva bisogno urgentemente di soldi e si è incontrato con questa persona per farseli prestare”.
Riccio intervenne in soccorso dell'opinione del vice commissario Dell’Angelo: “Non credo sia uno strozzino, e nemmeno un amico, ma credo che Donatella ci sia andata vicino: potrebbe essere uno di quelli che giocavano con lui a poker, probabilmente qualcuno al quale doveva un bel po’ di quattrini. Forse si è incontrato con lui per cercare di farsi dilazionare il debito, poi per caso ha assistito all’omicidio di Claudia Wirz e ha deciso che ricattare l'assassino era la via più semplice per risolvere tutti i suoi problemi”.
Noce sembrò accettare l’ipotesi: “Donatella, fai vedere queste foto alla sorella di Pollio, può darsi che conosca questo tizio”.
“E – aggiunse Riccio – anche a Cristina Gagliotti, la proprietaria del ristorante che ha avuto una relazione con l’antennista”.
“Giusto - approvò la iena -: il tizio della foto potrebbe essere una delle persone che la Gagliotti ha visto in compagnia di Pollio nel ristorante qualche giorno prima del delitto. Intanto noi due - disse rivolgendosi a Riccio – ce ne andiamo a mangiare da Elio. Credo che ce lo siamo meritati”.
Donatella Dell’Angelo, senza farsi vedere dalla iena, alzò dietro la schiena il dito indice della mano destra.
 
***

Le maledizioni del suo vice ebbero effetto: la iena non arrivò alla frutta. Mentre addentava l’ultimo boccone della sua costoletta d’agnello Noce diede un urlo e assieme al pezzetto di carne sputò nel piatto i resti del secondo premolare superiore.
Elio intervenne prontamente e, dopo aver guardato quello che rimaneva del premolare, disse: “Io non c’entro, la carne era tenerissima”.
“E’ vero, si scioglieva in bocca”, confermò Riccio. “Piuttosto - disse a Noce – da quand’è che non vai da un dentista?”.
La stessa domanda gli rivolse Piergaetano Amelio, il dentista di fiducia di Riccio che, su richiesta del commissario, aprì con largo anticipo rispetto all’orario il suo studio di via Niutta, al Vomero, per prestare soccorso a Noce.
“La situazione dei suoi denti - disse Amelio dopo una breve ricognizione nella bocca della iena – è semplicemente disastrosa. Ed è davvero un miracolo che finora non siano caduti a pezzi come il premolare, che è stato eroico: ha resistito strenuamente fino ad oggi, ma alla fine - come era prevedibile – la carie se l’è mangiato. Quello che mi sorprende è che lei non abbia mai sentito dolore fino ad oggi”.
Noce scese a compromessi: “D’accordo, dottore, le prometto che d’ora in poi sarò il suo cliente più assiduo. Ma faccia presto, la prego: non abbiamo tempo da perdere”. E guardò Riccio, che lo aveva accompagnato dal dentista, per cercare conforto alla sua affermazione.
“Ci vorrà il tempo che ci vuole”, rispose Amelio. Il dentista prese una minuscola siringa e conficcò l’ago nella gengiva della iena sopra al buco lasciato dal premolare caduto. “Dobbiamo attendere un paio di minuti affinchè l’anestetico faccia effetto”. Poi sollevò il camice, prese dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di Marlboro, ne offrì una a Riccio - che rifiutò - aprì il balcone alla sinistra della poltrona odontoiatrica, sulla quale Noce tradiva visibilmente la sua ansia, e andò a fumare la sua sigaretta appoggiato alla ringhiera.
“Digli di fare presto, maledizione!”, imprecò Noce.
“Stai calmo. Vedrai che al massimo ci vorrà una mezzoretta”, lo assicurò Riccio.
Quaranta minuti dopo il dott. Amelio stava ancora trafficando con il trapano nella bocca della iena. “Ancora un po’ di pazienza e ci siamo”.
Riccio andò a farsi un giro per lo studio e, quando tornò, disse al dentista: “Vedo che le piacciono i quadri”.
“Si, ma quelli che ha visto ovviamente sono delle copie. Ben riuscite, ma non valgono praticamente nulla. A casa, invece, ho qualche pezzo molto interessante: i quadri sono un ottimo investimento”.
Amelio posò il trapano, si allontanò da Noce e andò a prendere un flacone nell’armadietto dei medicinali. “A proposito, ha sentito di quella banda di trafficanti d’arte che è stata presa ieri a Perugia?”.
Riccio non rispose. Si era gettato all’inseguimento della iena.
“Ma dove va, commissario? Non ho finito!”, esclamò il dentista guardando desolato la poltrona vuota.
 
***
 
L'OTTAVA PUNTATA
Giovedì 23 maggio - Ore 23,45
Arcangelo Noce e Antonio Riccio già avevano lavorato insieme. E Riccio, in una delle inchieste che li avevano visti fianco a fianco, aveva salvato la vita alla iena.
Seduto di fronte al collega nel suo ufficio del commissariato di Fuorigrotta, Noce rinnovò i ringraziamenti: “Ti sarò per sempre debitore. Se non fosse stato per te, io non sarei qui”.
“Hai già saldato il debito cinque minuti fa”, e gli mostrò la il bicchierino di carta che aveva in mano.
Era stato Noce a pagare gli otto caffè che si erano fatti portare in una bottiglietta dal bar vicino al commissariato che rimaneva aperto fino alle 2.
“Speriamo che bastino”, disse la iena. “La notte che ci attende potrebbe essere lunga”.
Due strade parallele che si incontrano. Contemporaneamente Noce e Riccio avevano scoperto che i rispettivi omicidi di competenza, quello di Claudia Wirz e quello di Franco Pollio, potevano essere stati commessi dalla stessa persona.
Disse Noce: “Io la vedo così. Domenica 19 maggio Claudia Wirz prende parte assieme al suo assassino, che conosce, alla visita guidata delle 10. La Wirz, per un motivo che ci è sconosciuto, ha una discussione con questa persona. Deve per forza essere una questione di vitale importanza: costui, o costei, decide di uccidere l’allenatrice di pallanuoto. Prima che si concluda la visita delle 10, si attarda in coda al gruppo con la Wirz, l’ammazza, attende sul posto i partecipanti alla visita successiva, si unisce a loro e se ne va indisturbato. Franco Pollio, anche lui presente alla visita guidata, assiste all’omicidio, attende l’assassino all’uscita e lo pedina. Sta affogando nei debiti, ha gli strozzini alle calcagna, il ricatto può essere una via d’uscita. Dopo aver contattato l’assassino di Claudia Wirz, Pollio gli dà appuntamento per la sera stessa al cinema America e viene ucciso”.
“Fila - annuisce Riccio -. Il contatto tra i due, tuttavia, non può essere avvenuto telefonicamente, altrimenti la chiamata sarebbe stata presente sul tabulato del cellulare di Pollio. Nella giornata di domenica 19 maggio l’antennista ha fatto soltanto due telefonate a persone di cui già abbiamo controllato l’alibi”.
“E allora c’è una sola spiegazione possibile – disse Noce -: Pollio ha seguito l’assassino fino all’abitazione di quest’ultimo, ha scoperto chi era e si è incontrato una prima volta con questa persona. Le ha comunicato le sue intenzioni e le ha dato appuntamento all’America Hall la sera stessa. Aveva fretta di entrare in possesso di denaro per calmare gli strozzini, ma l’assassino ha portato con sé soltanto il pestacarne con il quale lo ha ucciso”.
“Io penso, invece, che i soldi pattuiti l’assassino li abbia portati e consegnati a Pollio - obiettò Riccio -. Non si spiegherebbe altrimenti la dinamica del delitto. I fatti potrebbero essere andati così: i due s’incontrano nella sala del cinema al buio, durante la proiezione. Nella sala - e questo lo abbiamo appurato dai biglietti venduti - c’erano pochissime persone, 11 in tutto, ma è presumibile che i due si siano seduti nell’ultima fila per poter essere più tranquilli. L’assassino consegna i soldi a Pollio, ma ha comunque intenzione di ucciderlo per porre fine al ricatto. Dopo avergli dato il denaro si allontana da Pollio, forse ha intenzione di andare alle sue spalle per colpirlo, ma Pollio si alza e si avvia verso la toilette. L’assassino lo segue e, mentre Pollio sta pisciando nell’orinatoio, lo colpisce alla nuca e lo uccide. Si rimpossessa del denaro e se ne va”.
Noce si alzò e cominciò a gironzolare al centro dell’ufficio, mani dietro la schiena, per concentrarsi. Riccio continuò: “C’è un'altra questione importante, il denaro. Era domenica, le banche sono chiuse,  Pollio non poteva certo pretendere dall’assassino l’intera somma. Si è accordato quindi per un anticipo, ma è da escludere che l’assassino abbia prelevato i contanti al bancomat per evitare di lasciare tracce: il denaro l'ha preso in casa”.
“E questo - intervenne Noce - significa che l’assassino è persona particolarmente facoltosa. La somma pattuita doveva aggirarsi, come minimo, sui cinquemila euro: non tutti hanno una cifra del genere nella propria abitazione”.
Riccio prese la bottiglina del caffè, riempì altri due bicchierini di carta, si alzò e ne portò uno alla iena. Noce buttò giù un sorso, tornò a sedersi  e disse: “Però siamo soltanto nel campo delle ipotesi, delle supposizioni. Nulla di concreto abbiamo in mano che ci assicuri che le cose siano andate così, che l’assassino di Claudia Wirz e di Franco Pollio sia effettivamente la stessa persona”.
“Anche perché – aggiunse Riccio – sul cellulare di Pollio non abbiamo trovato alcuna foto. Se ha preso parte alla visita guidata, qualche immagine avrebbe dovuto esserci”.
“Un momento!”, lo fermò Noce. “Può darsi che sia stato l’assassino a cancellarle dopo averlo ucciso”.
Riccio ci pensò un attimo su e disse: “C’è un solo modo per appurarlo: la sorella”.
E incurante dell’ora - era passata abbondantemente la mezzanotte - telefonò a Chiara Pollio.
“Nessun disturbo, commissario, ero già sveglia: stavo vedendo un film. Dica pure”.
“Che lei sappia, suo fratello aveva l’abitudine di scattare foto con il cellulare?”.
“Non saprei, ma non mi sembra avesse una passione particolare per la fotografia. Però me ne ha scattata una a casa, qualche giorno prima di morire: stavamo cenando, Franco mi ha fatto ridere mentre stavo bevendo del vino e io l’ho spruzzato dappertutto. Lui ha preso il cellulare e mi ha fatto la foto”.
“La ringrazio, signorina. E mi scusi ancora per l’ora”. Poi, rivolto a Noce, esclamò: “Ci siamo! Una foto per forza doveva esserci: ne ha scattata una alla sorella qualche giorno prima di essere ucciso”.
“E l’assassino l’ha cancellata assieme alle altre”, aggiunse Noce esternando la soddisfazione con un gran pugno sulla scrivania. Ma l’entusiasmo svanì immediatamente: “Si, ma che cazzo ci faceva Pollio a quella visita guidata? Tu saresti andato a guardare il panorama della Gaiola se fossi stato soffocato dai debiti?”.
“Può darsi che Pollio abbia accompagnato una delle sue amanti nella speranza di ottenere un prestito”, rispose Riccio. Ma subito dopo corresse il tiro: “Errata corrige, ho detto una cazzata. Tutte hanno già dichiarato di non aver visto né sentito Pollio la domenica del delitto”.
Anche in lui l’entusiasmo era scemato, sostituito dal sospetto che non fossero sulla strada giusta.
“C’è un’unica cosa da fare a questo punto - suggerì Noce -: appurare se Pollio quella mattina è andato a finire in una delle fotografie scattate dai partecipanti alle visite guidate”. E telefonò al vice commissario Donatella Dell’Angelo.
 
***
 
“Chi cazzo è a quest’ora?”. Walter, il marito di Donatella, fu svegliato di soprassalto dalla suoneria del cellulare della moglie.
“Chi vuoi che sia?”, rispose mezzo dormendo Donatella. E, rassegnata, premette il pulsante che portò nella camera da letto la viva voce del commissario Arcangelo Noce.
“Lo so che è tardi e che domani è il tuo giorno di riposo, ma non posso fare altrimenti: ho bisogno del tuo aiuto. Ti aspetto alle 8,30 in ufficio”. E chiuse la telefonata senza dare spiegazioni.
“Io questo prima o poi l’ammazzo”, urlò Walter scaraventando per la rabbia sul muro la bottiglietta d’acqua minerale che ogni sera metteva sul comodino per dissetarsi durante la notte. “Ma dico io, non poteva aspettare domattina alle 8 per telefonarti?”.
“Lo sai come è fatto: se non pianifica tutto in anticipo, sta male”.
“Ma che cazzo ci fa ancora sveglio? E’ l’una di notte passata”.
“E che vuoi che faccia uno che non ha famiglia ed affetti? Lavora. Quello è capace di fare tutta una tirata fino a domani mattina, anzi stamattina, senza neppure andare a casa”.
 
***
 
Ma alle 2,05 Antonio Riccio impose l’alt. “Non so tu, ma io sto morendo dal sonno. Ci vediamo qui domani mattina”.
E alle 8,30 di venerdì 24 maggio ritrovò la iena nello stesso posto dove l’aveva lasciato, con i vestiti della sera prima.
“Ma non sei andato a dormire?”, chiese Riccio.
“Mi sono fatto qualche oretta di sonno qui sulla brandina”.
“Buona, quella”, commentò Riccio. Le brandine nell’ufficio di Noce erano due, e una Antonio Riccio l’aveva già collaudata con effetti disastrosi alla schiena (soffriva di cervicale) proprio nel corso dell’inchiesta che per poco non aveva spedito all’altro mondo la iena.
“Donatella?”, chiese Riccio.
“E’ arrivata addirittura in anticipo, poverina. Brava ragazza, ottimo elemento. Si è già messa al lavoro per appurare se qualcuno dei partecipanti alla visita guidata ha fotografato per caso Pollio. Intanto ho buttato giù una specie di identikit dell’assassino in base alle cose che sappiamo sul suo conto:
 
- Ha preso parte assieme a Claudia Wirz alla visita guidata di domenica 19 maggio alle ore 10.
- Conosceva Claudia Wirz.
E inoltre, se è la stessa persona che ha ucciso Franco Pollio:
- è alto oltre il metro e ottanta.
- ha una buona situazione economica.
 
“Chi - chiese la iena a Riccio - conosciamo con queste caratteristiche?”.
 
 
***
 
LA SETTIMA PUNTATA
Se non era stato un marito geloso, chi aveva messo la parola fine alla vita di Franco Pollio? Il commissario Riccio aveva ancora una carta da giocare sul tavolo delle indagini, quella dei debiti di gioco, e convocò in commissariato Antonella Persico e Cristina Gagliotti, le donne che avevano avuto una relazione con Pollio e alle quali l’antennista aveva chiesto (e ottenuto) quattrini senza provvedere alla restituzione.
La 37enne Gagliotti, bionda proprietaria di un ristorante sul lungomare di Napoli, si presentò nell’ufficio di Riccio col sorriso sulle labbra. Il commissario lo spense: “Le dico subito che non è il caso di farsi illusioni: i soldi che  ha prestato a Pollio non li riavrà indietro. Ha lasciato soltanto debiti, il suo conto corrente è in rosso e la casa in cui viveva con la sorella non era di proprietà”.
“E allora perché mi avete convocata?”, chiese delusa e stizzita Cristina Gagliotti.
“Confidiamo che lei possa darci una mano nelle indagini. Conosceva qualcuna delle persone con le quali Pollio giocava abitualmente a poker?”.
“Di nome no, ma una sera quel figlio di puttana ne ha portato un paio nel mio ristorante. E ovviamente non ha pagato il conto”.
“Quando è successo?”.
“Una settimana prima che fosse ucciso”.
“Le ha detto il nome di queste persone?”
“Franco me le ha presentate, ma è passato troppo tempo: i nomi non li ricordo”.
“Come fa a sapere che giocavano a carte con Pollio?”.
“Perché li ho serviti io e non hanno fatto altro che parlare di poker, della partita che avrebbero fatto quella sera stessa”.
“Franco le ha mai detto dove andava a giocare?”.
“No, mai. L’unica cosa che conosco è l’ammontare dei soldi che mi ha spillato: 11mila euro”.
 
***
 
Capelli rossi, occhi verdi su un naso evidentemente rifatto, camicetta beige e gonna corta marrone: Antonella Persico dimostrava almeno dieci anni in meno dei suoi 45. Non era bella, attraente sì. E molto. Nicola Triccomi, il vice di Riccio, non le staccò gli occhi di dosso per tutta la durata del colloquio in commissariato.
“Siamo certi che mio marito nulla verrà a sapere di questo interrogatorio?”, chiese subito la Persico.
“Non è un interrogatorio, lei è qui soltanto come persona informata di fatti”, rispose il vice commissario mentre immaginava il “terzo grado” che molto volentieri le avrebbe fatto in altra sede.
“Si, ma lei non ha risposto alla mia domanda”, insistette visibilmente preoccupata Antonella Persico.
Triccomi si alzò e, palme delle mani sulla scrivania, si sporse verso la donna: “Lei ha detto a suo marito che sarebbe andata in commissariato?”.
“No, pensa che in questo momento io sia al lavoro. Faccio la cassiera in un supermercato, per venire qui ho dovuto chiedere un permesso”.
“E allora anche per noi della Polizia lei qui non c'è mai stata. A meno che - e lo disse tirando fuori il più accattivante dei sorrisi - Pollio non l'abbia ammazzato proprio lei”.
Antonella Persico stette al gioco: “Lo confesso, sono stata io. Era talmente brutto il film che mi ha portato a vedere quella sera che per vendetta l’ho ammazzato. Quanti anni mi date?”.
Triccomi prese il portafogli, estrasse un biglietto da visita e glielo consegnò: “Mi chiami uno di questi giorni e glielo farò sapere”.
La donna guardò il bigliettino, lo stracciò e ripose i pezzi sulla scrivania: “Ho annotato il numero qui”, e con l’indice picchiettò sulla fronte. “Io posseggo un’ottima memoria”.
“E allora potrà esserci molto utile”, disse Triccomi tornando al suo posto. “Vede, noi crediamo che possano essere i debiti di gioco di Pollio il motivo alla base del suo omicidio. Nel corso della sua relazione con la vittima, è venuta per caso a conoscenza d’informazioni che possano esserci utili in tal senso?”.
“Credo proprio di sì. Quando tre mesi gli ho dato i duemila euro che non ho più rivisto e che mai più rivedrò, Franco mi ha detto che gli servivano per calmare gli strozzini. In realtà ne aveva chiesti diecimila, ma non li avevo: gli ho dato tutto quello che possedevo sul conto corrente. E da allora non l’ho più rivisto: puff, sparito nel nulla”.
“Per caso ha conosciuto qualcuna delle persone con le quali Pollio giocava a carte?”
“No, mi spiace. Non era argomento delle nostre conversazioni, se pure potevano essere definite tali. Vede, dott. Triccomi, la nostra relazione si è svolta esclusivamente in camere d’albergo e nella mia pausa-pranzo. Tempo per parlare ne avevamo pochissimo”.
“Un’ultima domanda: ricorda sempre il mio numero di telefono?”.
“Certamente: 339.8761715. Se mi verrà in mente qualcosa d’importante, la contatterò immediatamente. Non è così che dite sempre voi?”.
 
***
 
“Pollio indebitato con gli strozzini? Buono a sapersi”, disse Riccio dopo che il suo vice gli comunicò l’esito del colloquio con Antonella Persico. “Questo avvalora le nostre supposizioni: alle origini del delitto ci sono i debiti di gioco. Ma sai meglio di me che gli strozzini, tranne casi eccezionali, non uccidono i propri clienti. E poi ce lo vedi tu lo scagnozzo di uno strozzino che ammazza a colpi di pestacarne? Io no.  L’assassino di Pollio non è un delinquente abituale, probabilmente è addirittura incensurato. Ci troviamo di fronte ad un delitto premeditato, commesso da una persona che si è trovata improvvisamente in una situazione disperata, la cui unica via d’uscita era eliminare Pollio”.
“Sta pensando ad un ricatto?”, chiese Triccomi.
“Ormai è l’ipotesi più probabile. Non potendo più spillare soldi alle proprie amanti, non potendo più chiederli agli strozzini, Pollio decide di ricattare qualcuno e gli dà appuntamento al cinema America Hall”.
“E invece dei soldi si becca un colpo in testa”, concluse Triccomi.
 
***

“E allora?”.
“Siamo ad un punto morto”, disse Noce.
Il malumore del commissario non era passato inosservato a Elio. Che le cose non andassero bene si leggeva in faccia e… nel piatto. Quando le indagini si bloccavano, si fermava anche l’appetito della iena.
Il polpettone di tonno, uno dei suoi piatti preferiti, praticamente non l’aveva toccato. E le costolette di maiale le aveva rimandate indietro dicendo: “Portami soltanto un po’ di frutta”.
Fu davanti al caffè che Arcangelo Noce esternò tutta la sua insoddisfazione: “Anche l’indagine che avevo ordinato a Donatella non ha dato esito alcuno: nessuno di coloro che la domenica del delitto hanno preso parte alla visita guidata ha riconosciuto Masini. Non ricordano di averlo visto e nelle foto che hanno scattato non c’è”.
“E adesso cosa ha in mente di fare?”, chiese Elio.
“Ti giuro che non ne ho la minima idea. Raramente nella mia carriera mi sono trovato in una tale posizione di stallo”.
“Si consoli, commissario, in questo momento non è il solo in questa situazione”.
“Stai parlando dell’omicidio dell’America Hall?”, chiese la iena.
“Esatto. E la sa una cosa curiosa? E’ stato commesso nella stessa giornata in cui è stata ammazzata Claudia Wirz: domenica 19 maggio”.
“Già, uno dopo l’altro a distanza di dodici ore”.
“Sai che risate se si tratta dello stesso assassino? Sarebbe un record mondiale”, ridacchiò Elio.
Senza dire una sola parola, la iena scattò di colpo dalla sedia, prese la giacca e si precipitò verso la porta.
Dall’altra parte del vetro c’era Antonio Riccio.
 
***
 
LA SESTA PUNTATA
Controlli pure con mia moglie, commissario”, aveva detto Silvio Masini ad Arcangelo Noce.
E la iena controllò.
Poteva bastare una telefonata, ma Noce preferì il contatto diretto e mandò a casa Masini il suo vice, Donatella Dell’Angelo, ad appurare cosa aveva da dire Manuela Belli, la moglie dell’antiquario, sull’alibi fornito da Masini: “La domenica in cui è stata uccisa Claudia Wirz io non mi sono mosso di casa”.
“E’ vero - confermò la Belli -: mio marito è stato qui per tutta la giornata di domenica, e anche sabato non si è mosso da qui. Non poteva, un forte attacco di labirintite lo ha inchiodato a letto”.
 
***

“Che tipo è questa Belli?”, chiese Noce quando Donatella tornò in commissariato.
“Da giovane doveva essere una gran bella donna. Ma si è lasciata andare, è decisamente sovrappeso e oggi dimostra più dei suoi 49 anni”.
“Figli?”
“Nessuno. Lei non ha potuto averne. Ma sostiene che il suo è stato, ed è tuttora, un matrimonio felice. Non ne sarei troppo sicura: i due dormono in camere separate”.
“Beh, questo non vuol dire nulla – obiettò la iena -: ci sono tante coppie molto unite che preferiscono, per un motivo o per un altro, non dormire assieme. E della Wirz cosa ti ha detto?”.
“Le stesse cose che ci ha detto il marito, ed è sembrata stupita, quasi offesa. La solita solfa: “Davvero non capisco il perché di tutte queste domande. La polizia dovrebbe impiegare il suo tempo a prendere i delinquenti invece di tormentare le persone perbene”.
“Le hai chiesto se hanno chiamato un medico per il malessere del marito?”, chiese Noce.
“Certo. Mi ha risposto che non ce n’era bisogno. “Conosciamo perfettamente tutto quello che c’è da fare in questi casi: riposo assoluto, dieta liquida, evitare ogni tipo di stress”.
“Che impressione ti ha fatto, in sostanza?”.
“Mi è sembrata sincera. Se ha mentito, è una brava attrice”.
Ancora una volta arrivò l’obiezione della iena, cosa che faceva incazzare terribilmente Donatella: “Non dimenticare che ha avuto tutto il tempo per preparare la sceneggiata con la regia del marito. Quindi io non darei per scontato che ha detto la verità”.
La iena si alzò e andò a sedersi dall’altra parte della scrivania, accanto al suo vice. “Brutto segno – pensò Donatella -: incarichi in arrivo”.
Ci prese in pieno: “Procurati una  foto di Masini e mandala via mail a tutti coloro che hanno preso parte alla visita guidata di domenica scorsa. Può darsi che qualcuno ricordi di averlo visto. Già che ci sei, fatti inviare il tabulato delle chiamate in entrata e in uscita del telefono di casa dei Masini”.
“Già fatto”. Donatella prese una busta dalla borsa e la consegnò al commissario, certa di ricevere i suoi complimenti. E invece…
“Cosa aspettavi per darmela, un invito scritto?”, si lamentò la iena afferrando la busta. “Hai già dato un’occhiata?”.
“No, commissario. Non mi sarei mai permessa”.
“E hai fatto male. Abbiamo perso stupidamente tempo prezioso”. E congedò il suo vice con un freddo “Adesso vai pure”.
 
***
 
Sul tabulato Noce trovò una sola telefonata interessante in entrata nella giornata di domenica 19 maggio. Orario 12.26, durata 23 secondi. La iena rintracciò immediatamente l’autore della chiamata, Fulvio Brogi, un antiquario di Firenze.
“Masini ed io ci sentiamo spesso, quasi quotidianamente, giorni festivi compresi. Tra noi c’è una sorta di collaborazione, ci passiamo i clienti reciprocamente a seconda delle necessità. Le faccio un esempio: se un mio cliente ha bisogno di un pezzo ed io non ce l’ho, lo metto immediatamente in contatto con Masini. E viceversa. Ad esempio, un mese fa un tale cercava un cassettone per…”.
Non ebbe l’opportunità di ultimare la frase, la iena lo stoppo bruscamente prima che potesse aggiungere altro: “Lasci perdere i cassettoni e mi parli piuttosto della telefonata di domenica scorsa. Come mai è stata così breve?”.
“Perché Manuela, la moglie di Masini, mi ha detto che il marito non era in casa”.
 
***
 
A chi aveva mentito Manuela Belli? A Noce, quando aveva dichiarato che il marito non si era mosso da casa domenica 19 maggio, oppure a Brogi?
“A Brogi, commissario – chiarì subito la Belli telefonicamente -: Brogi è un rompiscatole di proporzioni cosmiche, chiama mio marito a tutte le ore del giorno e della notte anche per la minima sciocchezza. Non gli ho detto che Silvio stava male semplicemente perché altrimenti nei giorni successivi lo avrebbe tempestato di telefonate per sapere come stava. Sabato e domenica, in ogni caso, mio marito ha staccato il cellulare. Ecco perché Brogi ha chiamato a casa”.
 
***
 
Chiara, la sorella di Franco Pollio, l’uomo ucciso nel bagno degli uomini dell’America Hall, era stata categorica: “Il film che davano quella sera, L’uomo in grigio, mio fratello non lo avrebbe visto mai”.
“Quindi - disse il commissario Riccio al suo vice - Pollio non è andato al cinema per vedere il film, ma per incontrarsi con qualcuno”.
“E questo qualcuno lo ammazzato”, aggiunse Nicola Triccomi. Ma perché?”.
Ferdinando Barbato, il medico legale, dopo l’autopsia non era in grado di dare una risposta al perché, soltanto al come: “Le confermo che è stato ammazzato con un colpo solo alla nuca ed è morto immediatamente. Chi  lo ha ucciso era più alto di lui di un buon dieci centimetri, lo abbiamo appurato dalla posizione della ferita. Franco Pollio era alto 172 centimetri, quindi l’assassino è sul metro e ottanta”.
“Altre informazioni rilevanti?”, chiese Riccio.
“Non molte. Quando è stato ucciso, Pollio era digiuno, o meglio non aveva ancora cenato”.
 
***
 
Antonio Riccio spesso saltava il pranzo per motivi di lavoro, ma era comunque decisamente sovrappeso. Andava avanti a caffè, almeno 7-8 al giorno, abbondantemente zuccherati. Totale: una ventina di cucchiaini di zucchero al giorno.
Il caffè n. 4 di mercoledì 22 maggio lo mandò giù alle 11,43 assieme alle informazioni del dott. Barbato, “che confermano quello che sostiene Chiara Pollio – disse a Triccomi -. Il fratello contava di rimanere al cinema soltanto per pochi minuti, giusto il tempo di incontrarsi con colui che poi l’avrebbe ucciso. Altrimenti avrebbe cenato prima di recarsi all’America Hall”.
Riccio, suo malgrado, fu costretto a fare ammenda  con il suo vice: “I fatti dicono che avevo preso una cantonata: Pollio non è stato ucciso da un marito geloso. Tu daresti appuntamento all’uomo al quale hai messo le corna?”.
“No, soprattutto se è abbondantemente più alto di me”, rispose Triccomi.
“Un piccolo passo avanti, tuttavia, lo abbiamo compiuto – concluse Riccio -. Ma non faremo molta alta strada se non scopriremo perché è stato ucciso”.
 
DALLA PRIMA ALLA QUINTA PUNTATA

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